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Avellino – Il 50esiamo incontro nazionale di studi delle Acli, che quest’anno ha avuto come tema centrale “Valore Lavoro. L’umanità del lavoro nell’economia dei robot”, si è concluso lo scorso sabato, dopo una tre giorni di riflessioni su lavoro, sistema economico e processi produttivi. Il convegno, cui ha preso parte una nutrita delegazione delle Acli provinciali di Avellino, si è tenuto a Napoli, «una città metropolitana tanto accogliente, quanto particolare, che con il Sud è il fulcro sempre attuale di una questione che sempre si rinnova nei termini di uno sviluppo possibile».

«Vivere la quarta rivoluzione industriale, la cosiddetta epoca dell’ “industria 4.0” e della “gig economy”, – spiegano dalle Acli di Avellinosignifica fare i conti con le tante innovazioni che hanno eliminato le mansioni più semplici e ripetitive, sostituendole con sistemi automatici e informatizzati. Robot e macchine intelligenti vengono a sostituirsi al lavoratore, esigendo tipologie di specializzazione diverse da quelle richieste precedentemente. D’obbligo l’attenzione a formazione e competenze, che si aprano alla condivisione e presuppongano una conoscenza complessa e meno nozionistica. Lo sanno bene gli insegnanti, chiamati ad adeguarsi a una trasformazione che li obbliga ad essere all’altezza del proprio ruolo di formatori; e lo sanno bene i giovani che, disorientati e inesperti, fanno fatica a cogliere le esigenze del mercato del lavoro. Gli alti tassi di disoccupazione degli under 30 parlano chiaro ed è necessario, pertanto, che si investa sulla qualità della formazione, perché questa diventi maggiormente inclusiva e punti sull’apprendimento dall’esperienza e sull’esperienza professionalizzante. Fondamentale, dunque, è che si cambi prospettiva nel processo di apprendimento, che si impari a lavorare in equipe, ad essere individui in un gruppo che in sinergia produce e crea».

Come ai giovani, le Acli hanno guardato poi alle donne. E’ stato calcolato che, su un campione di 2500 ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 29 anni, il 73,3% di coloro che hanno scelto di andare a vivere da soli è composto da donne. È un dato emerso dalla ricerca dell’Iref (Istituto ricerche educative e formative) dal titolo “Il ri(s)catto del presente”. Ma, se è vero che le ragazze italiane tendono a diventare indipendenti prima dei loro coetanei uomini, è vero pure che per le donne esiste una serie di condizioni, legate principalmente alla maternità, che ne limitano la piena realizzazione e che vanno ad incidere su dignità e diritti. Dall’indagine dell’Iref è emerso, infatti, che il 42,1% delle donne residenti in Italia accetterebbe di lavorare in nero o, addirittura, rinuncerebbe ai giorni festivi, alle ferie, a una parte dello stipendio. Solo il 26,9%, invece, si farebbe licenziare pur di mantenere intatti i propri diritti.

«Vogliamo proporre – ha affermato Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acliun contributo del sistema previdenziale alla maternità, che metterebbe la donna nelle condizioni di non essere incentivata a ridurre o persino lasciare il proprio rapporto di lavoro. Lo Stato si prenda cura delle donne nel momento contingente in cui vivono le difficoltà connesse con la maternità». Alla luce di queste considerazioni, le Acli sottolineano «la necessità di un nuovo piano nazionale del lavoro, perché un’economia nuova richiede un approccio nuovo, prodotti e servizi nuovi. Bisogna puntare sulle risorse umane del Paese, finanziandone la formazione professionalizzante, per far sì che siano in grado di interagire con “i nuovi mostri” dell’intelligenza artificiale».