- Pubblicità -
Tempo di lettura: 7 minuti

Avellino – «E’ uno dei momenti più difficili della storia del Pd. Non è un partito che può correre con tranquillità e fare proseliti». Così Nicola Mancino all’incontro organizzato dal sottosegretario Umberto Del Basso De Caro al Viva Hotel. «C’è il pericolo di una vittoria del M5s e del centrodestra», avverte l’ex vice presidente del Csm. Non è un intervento politico ma da uomo delle istituzioni. «Manca la partecipazione politica soprattutto da parte delle nuove generazioni. E i partiti, che hanno perso i valori, se ne disinteressano».

Per Mancino, la Sinistra avrebbe dovuto sostenere Renzi. Meraviglia il comportamento di Pietro Grasso che difende le ragioni dello strappo. Dal punto di vista economico, segnali di ripresa ce ne sono. Il Sud però rimane ancora in difficoltà. Dunque il monito al Pd che dovrebbe accettare la sfida: «Non è presente sul territorio, non si fa carico del disagio, dei problemi». Così in Irpinia. «Fare il congresso a luglio sarebbe stato un po’ difficile: sono stato consigliere comunale per quindici anni e in questo periodo dell’anno si andava sempre in seconda votazione perché in molti erano in vacanza. Dopo la certificazione delle adesioni del 2017, il congresso si può organizzare in quindici giorni». L’ex presidente del Senato bacchetta il commissario David Ermini per non aver ricevuto il sindaco del Comune capoluogo Paolo Foti, stigmatizza il comportamento di chi ha cambiato troppo spesso orientamento politico, passando ad esempio dai Verdi al Pd. Fa appello alla segretaria regionale del partito, Assunta Tartaglione. Ancora sul congresso: «Se non si facesse si potrebbe dare l’imprtessione che si proteggono taluni interessi. Un segretario ci vuole altrimenti andranno dispersi tanti elettori. Il commissario non può attendere oltre. Basta battaglie per le candidature. Basta con i protettori».

De Caro continua: «Non c’è una guerra per le candidature, nessuna rissa da cortile. Facciamo ad una campagna elettorale ventre a terra, andando nelle case dei cittadini. Una cosa che Gentiloni e Renzi non hanno saputo fare è stata di comunicare i molti risultati che hanno ottenuto».  E’ il momento del congresso. «Con l’approvazione della platea degli iscritti, teoricamente si può fare. E’ una decisione politica: noi siamo pronti». Le candidature le decide Roma su proposta del piano regionale e i circoli che esprimono un orientamento. Il sottosegretario immagina un centrosinistra largo e inclusivo che si apra all’esterno. No all’alleanza con De Mita: «Prima di ragionare con chi è rimasto senza partito bisognerebbe andare a vedere come ha votato i provvedimenti del Governo e la riforma costituzionale. Noi vogliamo liberare questo territorio da chi negozia facendo sponda per ottenere vantaggi effimeri».

Documento dell’area De Caro

La legislatura volge al termine ed i partiti si preparano ad affrontare un passaggio elettorale difficile e denso di incognite.

I populismi che connotano il tempo presente si sono già manifestati in tutta Europa ed hanno prodotto instabilità istituzionale ed una profonda regressione democratica.

Ripensare l’Europa, rinnovandone i valori fondativi contenuti nel manifesto di Ventotene, renderla un luogo delle opportunità e delle prospettive di avvenire, anziché simbolo negativo dei divieti e delle restrizioni, deve essere il primo impegno e la cifra culturale di tutti i democratici italiani.

Al tempo stesso occorre rileggere la società italiana: non è sufficiente denunciare le derive demagogiche o i rischi di involuzione democratica senza un’attenta analisi dei mutamenti intervenuti.

La lunga crisi economica, dalla quale il Paese faticosamente sembra essere uscito, ci riconsegna una fotografia altra e diversa: la borghesia finanziario-speculativa e quella burocratico-parassitaria, la prima – prevalentemente – insediata nel Nord e la seconda – in modo massiccio – nel Mezzogiorno, sono uscite dal periodo di recessione più forti e, soprattutto, più aggressive di prima; il ceto medio, ivi comprese le piccole imprese e le professioni intellettuali prive di “reti di protezioni” fortemente depauperato; le classi più deboli già debilitate oggi, in larga misura, sotto la soglia di povertà.

Questo è l’impietoso profilo che ci consegna l’Istat e, con riguardo alle nostre comunità, la SVIMEZ nel suo annuale rapporto sull’economia del Mezzogiorno.

Da questi dati ben si comprende il disagio sociale di tante famiglie, escluse o marginalizzate, e di milioni di giovani che cercano disperatamente di entrare nel mercato del lavoro.

Al tempo stesso questi dati economici e sociali rendono evidente quale debba essere la frontiera del nostro impegno per i prossimi anni.

Una formazione politica come la nostra non può che collocarsi dalla parte degli esclusi e dei più deboli e non può che avere come missione primaria quella di riconoscere più diritti, più libertà, più uguaglianza.

La legislatura che sta per chiudersi ha conosciuto tre governi, Letta, Renzi e Gentiloni, che – tra mille difficoltà – hanno portato l’Italia fuori dalla crisi.

E’ nostro compito valorizzare il lavoro fatto ed i risultati conseguiti: dalla riforma del mercato del lavoro alle misure di riduzione della pressione fiscale; dal piano nazionale per la lotta alla povertà all’esclusione sociale alle misure per il rilancio della competitività del sistema produttivo; dai provvedimenti in tema di giustizia penale e civile a quelli di riconoscimento dei diritti civili; dal piano nazionale della ricerca alla stabilizzazione di centoventimila insegnanti; dagli interventi nel settore dell’edilizia scolastica alle infrastrutture per connettere e far ripartire il Paese.

Potremmo continuare all’infinito ma ciò che oggi per noi rileva è difendere con orgoglio quest’esperienza, diffonderne i contenuti rappresentandoli in forme appropriate.

E’ un compito arduo nel tempo presente, dominato dai social e dalle fake news, ma abbiamo il dovere di dirlo ai nostri concittadini, con rigore e con fermezza, ristabilendo verità troppo spesso calpestate o mistificate.

Un uomo solo non è in grado di raccogliere una simile sfida.

E’ necessaria una grande comunità di donne e uomini che si chiama Partito Democratico. E’ necessario un intenso lavoro collettivo, unitario e plurale, che dia gambe al nostro progetto, che sappia raccontare ciò che abbiamo fatto e, soprattutto, quel che intendiamo fare nei prossimi anni.

Qui, ad Avellino più che altrove, l’esigenza di un Partito Democratico forte e coeso è indilazionabile.

Un partito che sappia riannodare con l’opinione pubblica il filo di un discorso che ha subito numerose interruzioni, che sappia essere protagonista di una nuova stagione politica finalmente emendata dalle ansie di chi continua a privilegiare storie individuali a dispetto ed in pregiudizio di una magnifica storia collettiva che, qui ad Avellino, è stata anche storia di libertà.

Queste storie vanno riconosciute e rappresentate quando sarà celebrato il congresso provinciale ma anche attraverso le proposte di candidature del territorio.

Nessuno coltiva il folle sogno dell’autosufficienza ed in ciascuno di noi è viva la consapevolezza di dover proporre e sostenere un centrosinistra largo ed inclusivo che sappia battere la destra ed i populismi.

Ma tutti sappiamo molto bene che la gente sa distinguere le coalizioni dalle ammucchiate eterogenee. La politica non può essere sostituita da un cartello elettorale i cui componenti, con grande disinvoltura, hanno rappresentato un campo e l’altro, negando in ogni circostanza la fiducia ai governi, alle leggi di bilancio, alle leggi elettorali ed alle riforme costituzionali.

Sarebbe miope promuovere simili cartelli perché il danno sarebbe di gran lunga superiore al prospettato vantaggio e perché gli elettori ci punirebbero senza appello.

La risoluzione di tali rischi non rientra nelle nostre competenze ma abbiamo forse il diritto, certamente il dovere, di segnalare l’attualità dell’antico brocardo “simul stabunt, simul cadent”.

#Avanti, insieme.