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Benevento – Peccato. E’ quanto viene da dire a mente fredda, dopo una rapida consultazione dei numeri di Udinese-Benevento. Peccato perché la squadra di Oddo è passata in vantaggio con troppa facilità, ha indirizzato la sfida dalla sua parte sfruttando il primo episodio utile e non ha fatto grandi cose per legittimare il vantaggio. I tiri indirizzati verso lo specchio della porta, alla fine, sono stati soltanto tre e tutti nel primo tempo. Il risultato? due gol e una traversa, per giunta episodi condizionati tutti da deviazioni più o meno influenti di giocatori giallorossi. 

Il Benevento dal suo canto è riuscito ad avere il vantaggio nel possesso palla per gran parte del match, tirando ben 17 volte di cui 7 nello specchio, con tentativi però in più circostanze sterili. Grida ancora vendetta il tap-in mancato da Puscas sulla conclusione di Letizia quando il parziale era inchiodato ancora sull’uno a zero. Posizione dubbia, quella dell’attaccante, ma la rete va innanzitutto gonfiata, poi si pensa al Var. E invece poca cattiveria e troppa foga, concetti che all’apparenza sembreranno anche simili ma che in situazioni del genere si scontrano sonoramente. 

Diciassette conclusioni, comunque, sono davvero tante per non partorire neanche un gol. De Zerbi ha individuato le ragioni di una mancata concretezza nell’eccessiva tensione emotiva, la stessa che sta penalizzando pesantemente il campionato della retroguardia giallorossa. Già perché si torna a casa da Udine con le ossa rotte sotto più punti di vista: il primo riguarda l’infortunio – l’ennesimo – di Antei, che parrebbe più grave del previsto per un giocatore che conta sole sei presenze da titolare e più tempo ai box che a disposizione; il secondo si rifà a una tenuta mentale da serie inferiore. Perché se Costa – giocatore navigato – sbaglia il più semplice dei passaggi, si avventura in lanci orizzontali facilmente intercettabili dagli avversari nella zona calda del campo ed è goffo in interventi e chiusure dal basso coefficiente di difficoltà, vuol dire allora che il Benevento continua ad avere chiarissime falle psicologiche. Mancanze in sicurezza, concentrazione e caparbietà fanno il paio con un’assenza di qualità evidente, soprattutto a centrocampo. 

C’è chi dice che, paradossalmente, i calciatori di livello tecnico superiore trovino facilità a porsi in evidenza in questo Benevento. E a tanti sarà capitato di provare una sorta di solidarietà per D’Alessandro, che ha fatto letteralmente impazzire Adnan nel pomeriggio della Dacia Arena prima di accorgersi che a qualsiasi suo cross non corrispondevano mai un puntuale intervento a centro area, un inserimento preciso dalla trequarti, un guizzo che valesse almeno la gioia di riaprire le ostilità. Verrebbe da chiedersi dove sarebbe questa squadra senza gli errori individuali, e se non dove, almeno quanti punti avrebbe. Perché si può essere ultimi in tanti modi, ma impacchettare e regalare senza soluzione di continuità la partita all’avversario di turno, a lungo andare, finisce per diventare inevitabilmente frustrante.