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Restauri e valorizzazione dei beni culturali. Il ministro Franceschini ha annunciato un secondo pacchetto significativo di fondi, dei 133 milioni complessivi stabiliti, da distribuire a vari siti bisognosi di interventi. 35 milioni sono destinati alla Campania. Non pare che qualche spicciolo sia rivolto a monumenti o bene culturale della provincia di Benevento. Spiccano, invece, cifre come i sette milioni a testa per la Reggia di Carditello, Bosco di Capodimonte, Reggia di Caserta e per l’anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere (che non risulta essere un patrimonio tale da essere preferito almeno a cinque dei più importanti siti culturali di Benevento bisognosi di restauri o manutenzione straordinaria), quattro milioni per il Rione Sanità e le catacombe a Napoli, e tre milioni al Giffoni multimedia valley.

Il ministro “amico” e i progetti ‘così così’

Se si sia voluto fingere di non conoscere la valenza culturale e storica di Benevento ci si sarebbe potuto almeno ricordare del rapporto di amicizia, citato spesso dal sindaco, tra Mastella e Franceschini, visto che certe distribuzione di fondi avvengono anche secondo questo tipo di canali preferenziali.

C’è un altro, legittimo, interrogativo da porre: gli uffici di settore hanno mai presentato, se fosse stato richiesto, una domanda con relativi progetti? Questa, si sa, è una delle note dolenti anche di questa nuova amministrazione comunale, manifestatasi già per altri buchi clamorosi nei mesi scorsi, primo tra tutti la bocciatura, per “manifesta inferiorità” del progetto proposto per il restauro degli affreschi dei Sabariani (quasi ultimo sui 150 prodotti alla Regione da tutti i comuni).

Resta il dubbio che, a parte la difficoltà nella quale si muove la giunta comunale, tra adeguamenti politici ed equilibrismi di giornata, che possa esistere una macchina amministrativa non proprio composta da cervelloni. Forse più che un dubbio, anche alla luce di quanto accaduto per la presunta candidatura della città a capitale italiana della Cultura 2020. Una ipotesi legittimata dalla storia e la tradizione di Benevento.

Il mistero del dossier

In realtà la candidatura, a parole, era stata annunciata al Mibact, ma il 15 settembre negli stessi uffici del ministero non si è poi manifestato alcun dossier, unica credenziale concretamente richiesta da Roma per consentire alla città misurarsi con le altre 46 candidature come specificatamente previsto dal bando. A produrre un dossier c’è riuscita invece Telese Terme. In alcuni casi, come a Ravello, l’evento è stato celebrato come fosse addirittura già stata vinta l’Olimpiade” della cultura. A ottobre il Mibact esaminerà le varie candidature, a novembre i selezionati dovranno passare le audizioni, a gennaio 2018 si saprà il nome della città candidata a capitale italiana della Cultura per il 2020.

Indipendentemente dalle possibilità di successo della candidatura, Benevento non ci sarà. Ancora una volta la città non è stata in grado di mettere insieme competenze, energie amministrative, personalità del mondo della cultura, associazioni e sigle tali da preparare intanto almeno una documentata relazione. Le priorità, si dirà, sono altre. Intanto però quel percorso il cui inizio sembra sempre dietro l’angolo, che possa identificare definitivamente la città attraverso le sue grandi potenzialità sociali e culturali, non si riesce a compiere.

I testimonial possibili del futuro della città, invece, stanchi di rivendicare maggiore impegno a favore della cultura, scelgono di “firmare” altre città (Paladino punta su Brescia) e la società locale non sembra riconoscersi ormai in un percorso che preveda tanti piccoli gesti e disegni, quotidiani e straordinari, che portino alla valorizzazione della cultura come concreto fattore di sviluppo, nonostante cartelloni, rassegne, eventi e passerelle per improbabili protagonisti dietro la scena. Imprese come la candidatura al riconoscimento di capitale della cultura non si costruiscono sul marciapiede ma con professionalità e determinazione. Un lavoro che non sembra però nelle corde della politica attuale né in quelle di una società locale povera di slanci. E, intanto, tutti per sentirsi orgogliosi di qualcosa sono costretti a ripensare a quella capitale della cultura che fu Benevento, a furor di popolo e fortunatamente senza dover presentare alcun dossier per ottenere riconoscimenti ufficiali, nel Medioevo. Una forza sancita dalla storia che però oggi, in vista dell’arrivo al Sud (Benevento, Salerno e Capua) a dicembre della mostra nazionale sui longobardi, rischia di non essere più riconosciuta considerando per esempio i ritardi con i quali ci si prepara all’evento.