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Montesarchio (Bn) – Il lavoro di Nicca Iovinella prova a ristabilire un equilibrio, tra opera e corpo. L’autrice, nella sua presenza fisica, è tutta nell’azione creativa, ma rispettando sempre alcune condizioni. La prima è nella spersonalizzazione: in alcuni casi, una tuta diventa strumento delle sue azioni e anestetizza i tratti anatomici. In altri, un abbigliamento del tutto quotidiano permette all’artista di confondersi tra il pubblico. Una seconda condizione sta nella permanenza dell’opera. Il corpo e l’azione performativa serve da innesco di un racconto, di un evento che accade e che ha il suo centro nella costruzione, ma da questa dipende e per questa significa. Quel che accade tra artista e creazione, in un solo specifico momento di rappresentazione, è documentato attraverso il video. Quel che rimane, al di là della performance, non sono perciò meri residui, rimanenze di qualcosa di maggiormente pregnante al quale continueranno a rimandare, ma è opera autonoma capace di propria valenza estetica, indipendente dall’azione avvenuta.

Nel progetto per Nuvole Arte, Iovinella propone un letto, una croce di steli acuminati sui quali si adagia. L’artista dichiara subito che non c’è alcun obiettivo di teatralizzazione della sofferenza, ma solo della condizione, di certo scomoda, dell’artista che sta sulla propria opera e da questa, forse, è sostenuto e al tempo stesso respinto.

Tutta la ricerca di Iovinella, verte sulla domanda circa il significato dell’atto creativo e la posizione dell’artista rispetto all’opera. In lei l’artista non è distante, non interrompe il suo apporto con il compimento dell’opera, ma rimane coinvolto, in prima persona. In questo senso, il lavoro dell’artista è sempre, come dovrebbe essere, un assumersi la responsabilità di un’estetica e insieme di un’etica.