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“Quando un matrimonio fallisce si generano nelle famiglie profonde sofferenze, cui spesso si aggiunge il giudizio da parte dei membri della comunità cristiana, circostanza che aumenta la percezione di isolamento. La Chiesa necessita di un volto nuovo, meno giudicante e più vicino all’atteggiamento del Suo Maestro”. A esortare una maggiore vicinanza della Chiesa alla famiglie di separati e divorziati è il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, nel suo discorso al convegno “Morir d’amore” organizzato a Caserta dalla locale Diocesi retta dal Vescovo Giovanni D’Alise.
Galantino richiama i concetti sulla famiglia più volte espressi da Papa Francesco, e ancor prima da Papa Giovanni XXIII, ma ammette con franchezza, parlando della Chiesa, che “talvolta, riguardo alla famiglia, ci siamo soffermati e ci si continua a soffermare, estremizzandole, su questioni non sempre essenzali e comunque accompagnate da derive idelogiche, con forti spinte a ricorrere ad uno stile curvaiolo. Ma le partite giocate esclusivamente in difesa – osserva – sono destinate ad essere perse. Eppure sulla famiglia va giocata una partita straordinariamente importante e decisiva per la nostra società, che parta dal riconoscimento dell’enorme valore sociale che ha l’incontro tra un uomo ed una donna, vero e proprio vaccino contro l’individualismo della società”.
Ancora più esplicito è il Vescovo Giovanni d’Alise, che lancia un appello ai preti. “I sacerdoti – afferma – dicano meno messe e facciano più incontri con le famiglie ferite da separazioni e contrasti. Queste persone sono nostri fratelli, non abbandoniamoli. Dio ne sarà contento”. Lo stesso Galantino ricorda poi come qualcosa stia cambiando in molte Diocesi italiane, dove “stanno sorgendo attraverso la Caritas e gli Uffici famiglia delle case per persone separate, soprattutto padri di famiglia”. Le ultime parole sono di speranza; Galantino cita come esempio della “musica nuova” portata da Amoris Laetitia quanto sta avvenendo alla Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale fondato da Padre Pio a San Giovanni Rotondo, “dove gran parte dei medici da tempo si sono accordati per rinunciare a un loro diritto, il pagamento di centinaia di ore di lavoro straordinario regolarmente effettuate; ciò non solo ha permesso di evitare dolorosi licenziamenti ma addirittura ha aperto la via a nuove assunzioni. Questo è un fatto straordinario, il miracolo della solidarietà” conclude il segretario della Cei.