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Si è giustamente discusso tanto dell’esito dell’ultima assemblea dei sindaci dell’Alto Calore. D’altronde la gestione dell’acqua è tema di delicata importanza per il nostro territorio. Così come evidenti sono le responsabilità dell’attuale management della società di corso Europa nell’incapacità di fornire risposte concrete a una crisi che ha messo troppe volte in ginocchio le popolazioni servite da Acs, ritrovatesi senz’acqua In estate come in inverno, purtroppo.

Niente alibi per Raffaello De Stefano, dunque, così come per il Partito Democratico che detiene la gestione politica dell’azienda. Ma i mali dell’Alto Calore non nascono oggi. Vengono da lontano e inchiodano una intera classe dirigente. E la storia non si cancella con un colpo di spugna. Né con un comunicato stampa.

Per questo ci sentiamo di dire che le vesti da censore che si è cucito addosso Fernando Errico non gli appartengono. La sua arringa non è credibile.

Non è credibile, Errico, quando parla di debiti, né quando denuncia i mancati investimenti nel campo delle infrastrutture, né quando attacca la mala gestione della società.

E non è credibile perché, semplicemente, Fernando Errico non può sedersi in tutta tranquillità tra le fila delle vittime. Il suo posto è tra i responsabili del disastro Alto Calore. In quota parte, ovviamente. La parte che gli spetta per i quattro anni trascorsi nel Consiglio d’Amministrazione dell’Alto Calore Servizi, dal 2010 al 2013, nella gestione precedente a quella De Stefano.

Quattro anni non certo passati alla storia come il secolo d’oro dell’impero Romano.

Tutt’altro. Quattro anni in cui la politica – gestione D’Ercole – ha fatto pienamente la sua (cattiva) figura: lasciando i conti in rosso (indebitamento per 84 milioni di euro, secondo le stime dello stesso D’Ercole, guida del Cda di cui era parte Errico) e non risolvendo alcuno dei problemi sul tappeto.

Insomma, per dirla alla Totò: c’è chi può e chi non può. Errico, modestamente, non può.

di Fiorella Viola