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La notizia è che Salvini al Sud deve fare sempre meno notizia. La Lega considera il Mezzogiorno terreno fertile per la sua propaganda. Per tante e tante ragioni. Persino durante le settimane precedenti al voto referendario in Lombardia e Veneto, Salvini mostrava più piacere nel farsi intervistare a Palermo piuttosto che a Milano o a Venezia.

Comportamento eloquente quanto la scelta di presentare alle prossime politiche un simbolo depurato dalla parola Nord che pure per quasi tre decenni ha determinato le fortune del Carroccio.

Dal punto di vista meramente elettorale lo sforzo non produrrà risultati significativi. Tremila tweet non cancelleranno trent’anni di insulti anti-meridionali, terreno sul quale pure Salvini si è distinto agli inizi della sua carriera politica. Mediaticamente, però, l’impegno paga. Nell’immaginario collettivo la distanza con Umberto Bossi è sempre più marcata. Soprattutto dalle nostre parti. Il senatur era uno spauracchio da esorcizzare. Salvini no. E infatti arriva a Castel Volturno pochi giorni dopo la visita del ministro dell’Intero Marco Minniti e del segretario del Pd Matteo Renzi. Mica è un caso. Si inserisce nel dibattito e così legittima la sua posizione. A facilitargli il compito, la constatazione che pure le campagne elettorali si sono ormai globalizzate.

Che si voti in Italia o in Germania piuttosto che in Spagna i temi son sempre quelli: immigrazione, Europa, lavoro, difesa della sovranità nazionale. E così anche le peculiarità territoriali perdono valore. Raccogliere applausi, dunque, è tutt’altro che impresa impossibile. Intendiamoci: Salvini non sarà mai la voce del Sud ma neanche gli interessa esserlo. Il Sud, però, potrebbe aiutarlo nell’avere più voce a Roma.

Perché la partita che sta giocando il leader della Lega è quella interna al centrodestra. Una competizione che si vince o perde per una manciata di voti. Quelli che Salvini sta cercando di racimolare al Sud. Tutto qua.