- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Napoli – L’emergenza criminalità a Napoli sta sortendo i suoi primi provvedimenti. Un maxi vertice in Prefettura col Ministro Minniti per discutere su patria potestà, educatori di strada e forze dell’ordine che arriveranno in città per contrastare il fenomeno e controllare le zone calde della movida partenopea. Troppi gli accoltellamenti e le violenze perpetuate da giovani contro altri giovani. E, oltre i provvedimenti di contrasto, c’è la ricerca delle cause di tale fenomeno. Ci si interroga sul perché un giovane sia così tanto violento e aggressivo. A spiegarlo è il Prof. Fabrizio Manuel Sirignano, professore ordinario di Pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa.

Prof. Sirignano, dire baby – gang significa richiamare una emergenza trasversale che attraversa la città e che coinvolge ragazzi e giovanissimi. Cosa spinge questi ragazzini ad aggregarsi in branco e ad essere così spietati e violenti?

Le baby gang rappresentano una  vera e propria patologia del concetto di gruppo, che porta al totale appiattimento del singolo sul gruppo e alla sua tirannica pressione anonima. In questi casi si potrebbe parlare di una vera e propria anomia di gruppo,  che spinge a compiere le più efferate violenze anche nella certezza della totale impunità da parte delle famiglie (che coprono questi piccoli delinquenti, rafforzando così il loro modus operandi) e da parte delle Istituzioni che non possono sanzionarli in virtù di norme troppo permissive e protettive. Il terreno fertile per tali aggregazioni anti-sociali è senz’altro costituito dall’assenza di punti di riferimento positivi ed autorevoli sia in ambito familiare sia in ambito scolastico.

Secondo Lei, è anche colpa di Gomorra?

Non ritengo che la colpa di tutto ciò che è accaduto – ma che, del resto, accade oramai da anni sia nella nostra città sia nel resto del  Paese – possa essere attribuibile ad una serie televisiva. Sarebbe davvero riduttivo e banale. Il problema è molto più complesso e l’emulazione delle fiction da parte di questi ragazzini affonda le sue radici nel mutamento radicale che si è verificato negli ultimi venti anni: le generazioni precedenti maturavano in famiglia e a scuola delle competenze sociali di base e, in base a queste, si rapportavano sia alla realtà concreta sia alla realtà virtuale, in primis la TV.

 Oltre che di baby – gang possiamo dire che è anzitutto una emergenza familiare?

Parlerei di una vera e propria emergenza educativa, che vede coinvolti tutti: la famiglia, la scuola, la politica e le Istituzioni. A mio avviso la scuola deve ritornare ad esser considerata – non a parole, ma con i fatti – il centro della nostra società. Essendo un giovane professore universitario posso affermarlo senza esser considerato un nostalgico: siamo davvero giunti alla deriva, dove gli insegnanti spesso vengono insultati dai genitori che difendono per partito preso i propri figli a fronte di un cattivo voto, non comprendendo che tale atteggiamento rappresenta un danno per i ragazzi e per la società nel suo complesso. Ragazzi così “educati” non avranno rispetto per le Istituzioni e saranno dei pessimi cittadini, pronti a puntare l’indice verso un disservizio ma a voltarsi dall’altra parte di fronte ad un episodio di violenza come quello di cui è stato vittima a Napoli il piccolo Arturo. Se non si comprende questo, tutto è inutile.