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NAPOLI – «Chiediamo alle autorità italiano di intervenire perché in Messico nessuno ci dà informazioni, nessuno ci aiuta a conoscere la verità sui nostri familiari». È questo l’appello lanciato su Facebook da Ciro Bergamè, uno dei familiari dei tre italiani scomparsi da 18 giorni in una città a settecento chilometri da Città del Messico, dove i tre napoletani della zona della stazione centrale di Napoli, facevano gli ambulanti vendendo generatori elettrici. La procura di Roma ha aperto una inchiesta affidata al sostituto Sergio Colaiocco. I tre scomparsi il sessantenne Raffaele Russo, suo figlio Antonio e suo nipote Vincenzo Cimmino, rispettivamente di 25 e 29 anni. «Ad oggi non è pervenuta nessuna richiesta di riscatto chiediamo la massima diffusione della notizia e delle foto segnaletiche», dicono i familiari dei tre napoletani scomparsi. Russo si trovava in Messico da tempo perché si trovava a Tecaltitlan dove vendeva in strada prodotti acquistati a Napoli da commercianti cinesi. Antonio e Vincenzo, invece, erano arrivati soltanto cinque giorni prima della sparizione mentre Francesco e Daniele, altri due figli dell’uomo erano in Messico già da tempo e troppo lontani per aiutare gli altri due fratelli a cercare il loro congiunto. E così sono partiti dal punto nel quale il gps dell’auto noleggiata dal sessantenne segnava la sua ultima posizione. «Quando sono arrivati, non hanno trovato né la macchina né mio padre. Hanno chiesto alla gente, ma nessuno aveva visto nulla», hanno detto gli altri due fratelli. Ma c’è un giallo, per la presenza di un ultimo sms. I due ragazzi, sempre secondo il racconto dei familiari, a quel punto si sarebbero fermati a fare benzina in un distributore dove sarebbero stati fermati dalla polizia e arrestati, ma la polizia del posto smentisce. I parenti dei tre dispersi credono possa trattarsi di un rapimento a scopo estorsivo.