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Napoli – Potrebbe presto lasciare i carcere, potrebbe presto tornare al Vomero. Tre anni e sei mesi in continuazione con altre pene già inflitte e in parte scontate. Il boss del clan Cimmino, Luigi, si “salva” in corte d’Appello. Rischiava diciotto anni di reclusione e a conti fatti ne ha avuti 15 in meno di cui 2 sono già pre sofferti. È questo l’esisto della sentenza di Corte d’Appello per il clan Cimmino.

Tra questi il promotore del clan del Vomero, il boss Luigi, coinvolto nella inchiesta che aveva portato gli inquirenti a ritenere che costui, durante la sottoposizione alla libertà vigilata scontata lontano dalla città di Napoli, avesse ricostituito il suo clan. Rischiava grosso: 18 anni era stata la richiesta formulata dall’accusa nei suoi confronti, richiesta reiterata anche in secondo grado dal Procuratore Generale. La sentenza emessa dalla Corte di Appello di Napoli, terza sezione, presieduta dal dott. Carbone, è arrivata al termine di una udienza “fiume”, dedicata in questa ultima udienza alle arringhe dei difensori di Cimmino: l’avvocato Dario Vannetiello e l’avvocato Giovanni Esposito Fariello.

A scongiurare il forte inasprimento della pena sottili questioni giuridiche sollevate dalla difesa del boss che hanno avuto il merito di convincere la Corte in ordine ad un tema particolarmente importante: la inammissibilità della pur articolata impugnazione proposta dalla direzione distrettuale antimafia.