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Si è conclusa con l’archiviazione l’inchiesta su “Casa di Valeria” l’immobile di Ogliara sottratto alla camorra ma di proprietà della  moglie del boss. A chiederlo l’assessore alle politiche sociali Nino Savastano, i dirigenti comunali Tommaso Esposito e Rosario Caliulo, che si sono succeduti alla guida del settore Politiche sociali nel corso della procedura di gara, e per il presidente dell’associazione aggiudicataria, Archimede Fasano era stato lo stesso Pubblico ministero Rocco Alfano. Richiesta che è stata accolta dai giudici del Tribunale di Salerno. Le indagini della Direzione distrettuale antimafia erano già in corso da alcuni mesi, avviate dopo il taglio del nastro alla struttura avvenuto nel febbraio 2015, quando fu il procuratore aggiunto Antonio Centore a notare che il nome Valeria era rimasto e a ricordare che Valeria De Martino non era solo la moglie di Viviani (condannato per usura e ritenuto dagli inquirenti il cassiere del clan Viviani-Arduino-Vaccaro), ma anche la cugina di Matteo Vaccaro (in carcere per il duplice omicidio di Fratte) e la cognata di Antonio Di Giovine, esponente della ’ndrangheta da cui si ritiene che il clan salernitano si rifornisse per la droga. La prima reazione politica è del socialista Gaetano Amatruda, ex portavoce di Caldoro alla regione: “Solo a Salerno il Comune e l’assessorato intitolano un bene confiscato alla moglie del boss (condannata per fatti gravi e non una eroina) e tutto fila liscio in Procura. Non ci sono responsabilità penali, ok. E quelle politiche?”.