“Quando a 15 anni si tira fuori un coltello, qualcosa non va”. È l’amara constatazione di don Maurizio Patriciello, sacerdote da sempre in prima linea nelle periferie, presente stamattina a Serino in occasione della giornata “Educhiamo alla legalità”. Evento organizzato dal Comune di Serino, guidato dal sindaco Vito Pelosi alla presenza delle scuole. Dopo il confronto con gli alunni è stato inaugurato un parco giochi dedicato alla memoria di Giuseppe Di Matteo, nella frazione Ferrari.
Intervenendo su episodi recenti di violenza giovanile, il parroco invita a riflettere sul ruolo degli adulti nella crisi educativa in corso. “Politiche assenti, quartieri dimenticati, famiglie in difficoltà. I ragazzi non nascono violenti, ma crescono in contesti che li spingono a esserlo. Dobbiamo interrogarci: cosa abbiamo lasciato loro? E loro, sono pronti ad affrontare il mondo che trovano?”, si chiede Patriciello.
Il riferimento va anche ai fatti di Monreale, dove tre persone sono state uccise in circostanze tragiche. “Conosco bene Palermo e Monreale. Il ragazzo che ha sparato viene dallo ZEN, una zona che non ha neanche un nome, solo una sigla: Zona Espansione Nord. Un luogo senza infrastrutture, senza opportunità. Lì la violenza ha preso il sopravvento, sostituendo lo Stato”.
Don Patriciello racconta un’immagine forte: la bara di un giovane posizionata davanti alla porta di un campo di calcio, mentre i coetanei gli passano simbolicamente la palla. “All’inizio mi è sembrato un gesto fuori luogo, quasi blasfemo. Ma poi ho visto centinaia di ragazzi piangere. E chi piange, lo fa perché ama. Questi giovani non sono privi di sentimenti: stanno gridando la loro ribellione alla morte, chiedono di essere ascoltati”. Per il parroco, la chiave è proprio lì: nella capacità degli adulti di ascoltare davvero. “Spesso arriviamo nelle scuole con risposte a domande che i ragazzi non si pongono. Ma non ascoltiamo le domande che invece si fanno. È lì che falliamo”. Il messaggio finale è chiaro: “Non siamo migliori di loro. Siamo solo nati prima e abbiamo avuto più possibilità. Abbiamo il dovere di indicare le trappole della vita, ma prima dobbiamo guadagnarci la loro fiducia. Chiediamo loro, semplicemente: cosa vi passa nel cuore?”.