Festa della Musica al via sabato 14 giugno, che quest’anno ci accompagnerà per un’intera settimana sino al 21 giugno, promossa dalla direzione del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno. Sarà il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli, a dare l’attacco a questi lunghi festeggiamenti, ricomponendo sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno, sabato alle 20,30, un trio composto dalla vocalist Amii Stewart, affiancata dal violino di Alessandro Quarta, con la sua bacchetta alla testa dell’ Orchestra sinfonica del Conservatorio G. Martucci, ritrovando diversi allievi e rinsaldando, così, quel forte legame che lo unisce alla città di Salerno. Un contatto personale con i protagonisti del concerto, quello del Maestro Sipari, il quale aveva già avuto occasione, in passato, di far musica sia con la Stewart che con Alessandro Quarta nel 2020 sul palcoscenico del Festival di Mezza estate in Tagliacozzo, alla testa della Orchestra Sinfonica Abruzzese, nonché nel 2014 nell’ambito del concerto “Pacem in terris”, in San Giovanni in Laterano, dedicato a Papa Francesco, e ha inteso condividere anche a Salerno la gioia di questo viaggio, per raccontare la storia di questa cantante dalla voce inconfondibile, che si propone di restituire le emozioni delle proprie interpretazioni. Il concerto verrà aperto dal violino di Alessandro Quarta con l’orchestra, che eseguirà il lento, dolcissimo, a tratti struggente, Oblivion, che Piazzolla scrisse nel 1984, per la colonna sonora del film Enrico IV, di Marco Bellocchio, per proseguire, in questo piccolo portrait di Astor Piazzolla, con Fracanapa composta e registrata dal genio argentino negli anni ’60, che si segnala per la sensualità che promana della sua melodia principale. La song di sortita di Amii Stewart sarà una preghiera in musica, Nearer my God to Thee, un inno cristiano del XIX secolo, scritto dalla poetessa britannica Sarah Flower Adams, basato sul sogno di Giacobbe raccontato nel Libro della Genesi e sulla canzone del 1865 Bethany, composta dall’americano Lowell Mason. L’inno ha la fama di essere stato, probabilmente, l’ultimo brano suonato dall’orchestra di bordo, guidata dal violinista Wallace Heartley, del transatlantico Titanic prima del suo tragico inabissamento. A seguire, un omaggio ad Ennio Morricone, con due titoli in cui riconosceremo sia il musicista per il cinema di grande fama, sia il compositore “colto”, l’allievo di Goffredo Petrassi, intravvedendo certe sottigliezze di scrittura che rendono riconoscibile la sua musica, attraverso l’uso di circa sei o sette note, in un procedere melodico delle singole linee, che corrisponde a un contesto armonico determinato, ottenendo, così, quell’armonia mutevole pur nella rigidità di una accordalità prefissata. I segreti di Morricone saranno così svelati da Amii Stewart in Saharan Dream, sigla dello sceneggiato il Segreto del Sahara, per, quindi, passare, alla parte più intima e delicata della colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso, un film in cui Tornatore e Morricone hanno sposato le loro arti a meraviglia, creando film e musica, uno per l’altro. Alessandro Quarta, salentino, renderà omaggio alla sua terra, “La Terra del Rimorso”, quella “terra del cattivo passato che torna e opprime col suo rigurgito”, per dirla con Ernesto De Martino, del ragno che morde e avvelena e dalla potenza estatica e terapeutica della musica e della danza, che è sfida, rito di passaggio, con Tarantula, una pizzica indiavolata e virtuosistica. Il violinista, evocherà, indi, anche “L’amico magico: il maestro Nino Rota”. Suo il delicato fluire musicale, talvolta ingiustamente scambiato per semplicismo, lontano da ogni vezzo avanguardistico, ma nemmeno inconsapevole della lezione novecentesca di Igor Stravinskij, Erik Satie e Kurt Weill. Nino Rota trasferì queste stesse ragioni estetiche nel cinema con una prolificità sorprendente e risultati mai corrivi, bensì, al contrario, sospesi in un’aerea grazia, che divenne l’inconfondibile cifra rotiana, che riconosceremo in Amarcord, nella musica del fisarmonicista cieco al matrimonio della Gradisca, quindi la Dolce vita e il funambolico girotondo di Otto e mezzo. Di Billie Holiday è stato detto tutto. E’ stata definita la più grande cantante di jazz mai vissuta, un mostro sacro, un mito. Incarna un simbolo complesso, misterioso ed intoccabile. Billie Holiday è stata vista come l’eroina del jazz, ed il suo genio musicale, sofisticato e prestigioso, come ineguagliabile. La sua voce, che ha il dono della riconoscibilità al primo attacco, quale solo i grandissimi posseggono, tocca chiunque, anche chi non l’intende, perché il suo canto nasce direttamente dall’anima. L’anima di un essere umano molto profondo, che capisce la tristezza, la felicità, la solitudine, il successo, e che è stata sempre destinata ad avere un “no good man”, un buono a nulla accanto. Nella vita e nei song dell’indimenticabile Billie Holiday i toni cupi, ai limiti dell’angoscia, legano come un sottile filo ogni momento, ogni cruda esperienza, ogni interpretazione, ma la grandezza dell’artista li sa trasformare in radiose opere d’arte. E’ questa un’eredità rischiosa che Amii Stewart andrà ad affrontare in quintetto, con Alessandro Quarta al violino, Cristian Martina alla batteria, Michele Colaci al contrabbasso, Franco Chirivì alla chitarra e da Giuseppe Magagnino al pianoforte. Andando a rileggere “God bless the Child” e “Fine and Mellow”, pagine che hanno fatto l’esegesi del Jazz e il secondo brano in particolare, nell’incisione dell’8 dicembre 1957 Ben Webster, Gerry Mulligan, Victor Dickenson, Coleman Hawkins, Roy Eldridge, ma su tutti, con il suo “Pres” Lester Young, l’amore oltre le note. Ancora il quintetto con Alessandro Quarta per Jeanne y Paul, che porta ancora la firma di Astor Piazzolla composto e, mai utilizzato, per la colonna sonora di “Ultimo tango a Parigi” di Bertolucci, il quale optò per le musiche del tenorsax “El Gato” Barbieri. Suo il moto quasi barocco di tensione e distensione esteso sia alla minima frase che all’intera composizione, per sottolineare quei momenti regolarmente ed emozionalmente in bilico fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa. Quindi, Spain, che Chick Coreascrisse nel 1972 sulla falsariga dell’Adagio del Concierto De Aranjuez di Joaquin Rodrigo e del quale il quintetto riproporrà con le sue particolari sonorità prima di lanciarsi verso sempre più spericolate avventure timbriche. Ribalta per Amii Stewart che proporrà con l’orchestra, il celebre ostinato sotto la melodia di Metti una sera a cena di Ennio Morricone e poi, I never meant to cause you any sorrow / I never meant to cause you any pain / I only wanted to one time to see you laughing / I only wanted to see you laughing in the purple rain”. L’attacco famoso con cui Princecolorò il mondo di viola. Questo ultimo set per Amii, verrà chiuso dal suo successo mondiale Knock on Wood, firmato da Eddie Floyd e Steve Cropper. Ritornerà il violino con Libertango, ossessivo e perturbante come è tutto ciò che rimanda a pulsioni ancestrali rimosse nell’Es, pur tuttavia presenti nell’inconscio collettivo, ed Etere, il quinto elemento dell’ opera The five elements, che prende spunto dal De Caelo di Aristotele, Aristotele, secondo il quale l’etere costituisce un vero quinto elemento, in seguito la quintessenza, venuto a significare, per gli alchimisti, la parte più pura di una sostanza, ottenuta dopo cinque distillazioni, che egli colloca in realtà al primo posto – accanto ai quattro ben stabiliti dalla tradizione empedoclea precedente, e cioè acqua, aria, terra e fuoco. Finale con tutti i protagonisti per un omaggio alla regina del soul Aretha Franklin everybody loves.
Salerno, Festa della Musica con Amii Stewart e Jacopo Sipari

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