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di Gigi Caliulo

C’è un dato di fatto che non ammette interpretazioni né giustificazioni. La Salernitana retrocede sul campo perché nel corso della stagione regolare non è stata in grado di uscire dalle secche di una classifica che è stata specchio del fallimentare lavoro condotto dalla società. Il doppio salto all’indietro non ha bisogno di dietrologie o di sospetti. Matura e si concretizza per la sciatteria di una società capace di distruggere in due stagioni il capitale di entusiasmo e prospettive messo insieme al termine della straordinaria cavalcata con Paulo Sousa in panchina. Chi ha demolito il castello dei sogni e delle ambizioni è stato un uomo che ha messo in campo presunzione e – a tratti – incompetenza. Danilo Iervolino ha creduto di poter fare tutto da solo, si è circondato di uomini poco capaci, facilmente gestibili e indirizzabili, direttori sportivi ed allenatori senza idee o, peggio, in possesso di argomenti tossici.
Dunque sì, quello di ieri è stato un atto palesemente illegittimo e – a voler essere sospettosi – costruito a tavolino ma… se cambi quattro allenatori e due direttori sportivi anche nella stagione del rilancio dopo la vergogna dell’ultimo torneo di A e non riesci ad uscire da una spirale di errori e figuracce e cerchi di risollevarti affidandoti – dopo aver cacciato in malo modo Martusciello (a questo punto l’unico che meritava fiducia e credito) – ad un ex allenatore (Colantuono) e ad un impalpabile impiegato prestato al calcio (Breda) il risultato non può che essere la serie C e le colpe devi anzitutto ricercarle nelle tue azioni.
Ma la partita di ieri è stata una vergogna, così come vergognoso è stato tutto l’ultimo mese e mezzo di manfrine burocratiche, di intrallazzi e scelte palesemente a favore di una squadra che non aveva alcun diritto di giocarsi la salvezza sul campo perché retrocessa e ripresa per i capelli dal sistema.
La Sampdoria si ritrova in Paradiso solo grazie ad aiuti esterni e ad un “delitto perfetto” orchestrato un minuto dopo il triplice fischio della maledetta giornata “posticipata” per la morte di Papa Francesco. Anche quell’atto ha – di fatto – alterato la regolarità di un campionato balordo.
Probabilmente – anzi sicuramente – la Salernitana sarebbe ugualmente retrocessa: alla fine della regular season o dopo i playout col Frosinone. Ma nessuno avrebbe annusato il puzzo di bruciato che questo mese e mezzo ha alimentato.
Ciò che si è visto sul campo con le clamorose decisioni di Doveri (un rigore gigantesco non concesso dopo OFR e i due pesi e due misure sui gol di Ferrari e Coda) non devono rappresentare un alibi.
Così come l’indegno finale con la partita sospesa per le intemperanze del pubblico. Nulla giustifica certi atteggiamenti, neppure le ingiustizie più grandi (e la Salernitana le ha subite, sia chiaro) e ciò che è successo all’Arechi concede un comodo paravento a chi dall’alto ha orchestrato questo patetico teatrino.
Bene avrebbe fatto il pubblico a voltare le spalle in massa a questa farsa, disertando le partite e lasciando soli i pupari di questa sceneggiata. Al danno si aggiungerà la beffa: inevitabilmente.
Così come inevitabilmente il veleno si propagherà nei prossimi giorni, tra processi e speranze. La “proprietà” – per bocca del solito Richelieu, l’Ad Milan – ha già detto che intende da subito programmare il futuro, nel solco di atteggiamenti distanti da una realtà sotto gli occhi di tutti. Se Iervolino vuole davvero mostrare il proprio affetto verso la squadra e la tifoseria ha una sola strada da percorrere: fare tabula rasa di tutto questo circo di nani e ballerine, di dirigenti improvvisati e rubizzi, di consiglieri folcloristici che un giorno parlano di Salernitana e la sera si preoccupano di altre realtà campane, di amici fidati che hanno contribuito a mescolare l’insalata felliniana di personaggi e storie che ha animato un biennio che a raccontarlo non ci si crederebbe.
Via tutti, caro Iervolino. E se la sua idea di partenza non contempla questa strategia tolga subito il disturbo anche lei, ché la Salernitana e il suo popolo se la sono sempre saputa cavare egregiamente anche prima dell’arrivo di chi voleva far credere di essere un Messia e si è rivelato solo una mediocre controfigura.