Tempo di lettura: 3 minuti
Ho il diritto di non essere condannata a soffrire“: a parlare è una donna campana di 44 anni, affetta da sclerosi laterale amiotrofica che dopo avere ricevuto dalla propria azienda sanitaria il diniego al suicidio medicalmente assistito si è rivolta ai giudici. A rendere nota la sua storia è l’associazione Luca Coscioni, da anni impegnata nella battaglia sul fine vita a livello nazionale e al fianco di coloro che chiedono di mettere fine alle proprie sofferenze.
La 44enne, che ha scelto di farsi chiamare con un nome di fantasia, Coletta, per garantirsi, al momento, l’anonimato, si definisce “una cittadina consapevole, lucida e determinata” incapace di accettare che la sua volontà “venga schiacciata da valutazioni che sembrano ignorare non solo il mio stato di salute, ma anche il diritto a non essere condannata a una sofferenza che non ha più alcun senso per me. Se in Italia non posso accedere a una scelta legalmente garantita, sto valutando l’espatrio per morire dignitosamente in Svizzera”.
La segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, l’avvocato Filomena Gallo, legale di Coletta, definisce “sconcertante e inumano” il fatto che l’Asl abbia negato la morte assistita a Coletta, “in pieno contrasto con le sentenze della Corte costituzionale”. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ricorda: “In Campania la nostra proposta di legge regionale depositata da oltre un anno non è mai stata discussa dall’aula. Lo scorso marzo, fu lo stesso presidente De Luca a bloccare la legge dichiarando la necessità di aprire un ciclo di consultazioni. Ma nessuna consultazione è stata effettivamente organizzata, e la mossa ostruzionistica ha avuto l’effetto di negare tempi e modalità certi di risposta”.
Lo scorso giugno la donna si è opposta al diniego dell’Asl e ha chiesto una rivalutazione urgente delle sue condizioni e la trasmissione del parere del comitato etico. L’azienda sanitaria – informa una nota dell’associazione – non ha però dato seguito alle richieste, pertanto la donna ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale di Napoli. A seguito di un decorso molto veloce della grave patologia neurodegenerativa di cui è affetta, diagnosticata a giugno 2024, Coletta non riesce più a parlare e deve quindi utilizzare il puntatore oculare. Non riesce nemmeno più a camminare e ha bisogno dell’assistenza continua dei suoi familiari o dei caregiver. Quello della donna campana è uno dei cinque casi in corso seguiti dall’associazione Coscioni, il cui team legale ha già assistito sette persone che hanno avuto accesso al suicidio assistito: l’ultima è stata, il 21 luglio scorso, Laura Santi.