Un detenuto di 53 anni, in carcere da quattro giorni nell’istituto penitenziario di Benevento, si è suicidato. Sulla modalità del gesto c’è il massimo riserbo: indaga la magistratura.
“Ogni suicidio in carcere – commenta Samuele Ciambriello, garante dei detenuti in Campania – è una sconfitta della giustizia e della politica”.
“Quello di oggi – continua Ciambriello – è il quinto suicidio in Campania dall’inizio dell’anno, più un ristretto nella Rems di San Nicola Baronia (Avellino). La macabra contabilità dei morti in carcere e di carcere minimizzata dal Governo, rischia di essere una strage di Stato. Nell’indifferenza generale ogni morte in carcere è una sconfitta della giustizia e della politica populista e giustizialista. Invochiamo un sussulto della società civile, degli operatori della comunità penitenziaria, fatta di detenuti e detenenti”.
“Una politica penitenziaria – conclude il garante regionale dei detenuti – che non sta funzionando, ci sono gravi carenze del sistema e non si fa nulla, solo retorica”.
AGGIORNAMENTO
Il suicidio è avvenuto nel pomeriggio di oggi. L’uomo, un detenuto beneventano, era stato arrestato da pochi giorni per maltrattamenti in famiglia. Si è tolto la vita recidendosi la giugulare approfittando dell’assenza momentanea di altri reclusi e del personale di Polizia Penitenziaria. Per il vicepresidente nazionale del CON.SI.PE. Luigi Castaldo e per il dirigente nazionale Vincenzo Santoriello “la morte di un detenuto è sempre un fallimento”. Dall’inizio dell’anno si contano circa 50 suicidi e oltre un migliaio di tentativi, un bilancio che impone una seria riflessione e un cambio di rotta urgente. Il senso di abbandono, denunciano, è percepito non solo dai detenuti, ma anche dagli agenti della Polizia Penitenziaria: “Ogni giorno – sottolineano – le donne e gli uomini della Polizia affrontano molteplici criticità senza alcun riconoscimento che valorizzi l’immane sacrificio richiesto loro”. A tutto questo si aggiunge il sovraffollamento cronico, che non fa che complicare ulteriormente il già delicato e precario compito del Corpo di Polizia Penitenziaria. Per il segretario regionale Tommaso De Lia e la vice segretaria Pina Razzano, il suicidio di oggi è il simbolo di un sistema incapace di offrire sostegno a soggetti fragili, spesso alla prima esperienza detentiva o responsabili di reati minori. La carenza di figure specializzate – psicologi, psichiatri, assistenti sociali – e la ridotta presenza di personale di Polizia Penitenziaria, ulteriormente penalizzato dal piano ferie estivo, generano un contesto isolato e surreale, dove convivono detenuti psichiatrici, stranieri, poveri arrestati per necessità e criminali di alto profilo. Il CON.SI.PE. sollecita il Governo a ripensare l’organizzazione del lavoro della Polizia Penitenziaria e ad investire risorse in un sistema penitenziario realmente rieducativo, basato sulla presenza costante di figure professionali adeguate. “Finché non si comprenderà davvero la complessità del carcere – conclude Castaldo – continueremo ad assistere a una sequenza ininterrotta di suicidi. E oggi, in pieno Ferragosto, la Polizia Penitenziaria ha ben poco da festeggiare, schiacciata da criticità organizzative che non possono più essere ignorate”.