Un pestaggio brutale, un ragazzo di appena 26 anni ridotto in stato vegetativo, una famiglia che attende risposte e istituzioni ancora ferme. È la storia di Paolo Piccolo, vittima il 22 ottobre 2024 di un crudele attentato all’interno del carcere di Bellizzi Irpino. Da quel giorno Paolo vive sospeso tra la vita e la morte, ricoverato all’ospedale Moscati di Avellino, senza che nessuna struttura sanitaria specializzata abbia ancora garantito la possibilità di una riabilitazione adeguata.
A riportare l’attenzione sul suo caso è stato il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, che ha rivolto un accorato appello alle istituzioni sanitarie e politiche:
“Lancio un appello a tutte le strutture sanitarie della Campania, ai dirigenti sanitari, alle forze politiche. È mai possibile che ad oggi nessuna struttura campana, né fuori regione, abbia accolto Paolo in un centro di riabilitazione neuromotoria ad alta intensità? Dobbiamo superare la burocrazia e i ritardi”.
Secondo Ciambriello, non si tratta solo di un percorso sanitario, ma di una questione di dignità e diritti fondamentali. “Paolo Piccolo merita giustizia, ma soprattutto il diritto alla speranza, il diritto alla salute”, ha ribadito.
Il caso, oltre a sollevare interrogativi sul funzionamento del sistema penitenziario e sulla sicurezza all’interno delle carceri, mette in luce anche le criticità della sanità campana: la mancanza di strutture sufficientemente attrezzate per affrontare situazioni così delicate, l’inefficienza dei tempi di risposta e il peso della burocrazia che rischia di trasformarsi in una condanna aggiuntiva.
Dietro le parole del Garante, c’è anche la voce di una famiglia che da dieci mesi lotta con il dolore e l’incertezza, vedendo il proprio figlio prigioniero di un letto d’ospedale, senza prospettive di recupero. Una vicenda che richiama l’urgenza di un’assunzione di responsabilità collettiva, capace di andare oltre il semplice dibattito e di tradursi in atti concreti.