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A Pietradefusi, piccolo comune della media Valle del Calore, in provincia di Avellino, il recapito degli avvisi di pagamento della Tari si è trasformato in un caso che coinvolge buona parte della cittadinanza. Degli oltre novecento destinatari, circa cinquecento tra famiglie e attività commerciali non hanno ricevuto le cartelle, rispedite al mittente con la dicitura “indirizzo sconosciuto” o “destinatario irreperibile”.

Gli avvisi erano partiti lo scorso 12 agosto dalla società concessionaria incaricata della riscossione, ma una volta affidati al servizio postale, gran parte delle buste è stata restituita. Oggi giacciono in due grandi ceste collocate all’interno del Municipio, in attesa di essere nuovamente inviate. Un disguido che rischia di avere conseguenze pratiche rilevanti: il mancato recapito, infatti, può determinare ritardi nei pagamenti e l’applicazione di more a carico dei contribuenti, con inevitabili ricadute economiche sulle famiglie e sulle attività. “Tra le oltre 450 cartelle rinviate in Comune – spiega il primo cittadino – C’è anche la mia, quella del bar, di consiglieri comunali, parroco, insomma persone note a tutti e non so come sia stato possibile annullare il recapito spiegando che sono persone sconosciute”.

La vicenda assume contorni ancora più paradossali perché tra i destinatari classificati come irreperibili compaiono figure note e facilmente rintracciabili in paese: amministratori comunali, il parroco, il farmacista, alcuni esercenti del centro e lo stesso sindaco Nino Musto. L’amministrazione ha ritenuto necessario segnalare l’accaduto non solo alla direzione provinciale di Poste Italiane, ma anche alla Procura della Repubblica di Benevento, ipotizzando il reato di interruzione di pubblico servizio.

Poste Italiane ha assicurato la propria disponibilità a completare la consegna entro due giorni, ma resta aperto il nodo delle spese già sostenute. Il Comune ha infatti pagato regolarmente il servizio di recapito, pur non avendo ottenuto la prestazione nei tempi e nei modi previsti. Una circostanza che alimenta malcontento e sfiducia tra i cittadini, i quali temono ora di dover rispondere di ritardi non imputabili alla propria volontà.