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Quindici concerti nel mese di settembre, la media di uno ogni due giorni. Piazza Plebiscito trasformata in un’arena musicale (a pagamento), palco e tribune ormai sono fissi. E i residenti insorgono, proprio come l’anno scorso. “Il sindaco Manfredi è sordo alle richieste del territorio” lamenta Antonella Esposito del Comitato Felix, una delle sigle scese oggi in piazza, per una petizione contro i disagi. Insieme al Comitato Plebiscito e dintorni, al Comitato per la Salvaguardia e la vivibilità di Monte Echia, alla Consulta delle associazioni della Municipalità 1, dalle 10 alle 19 si raccolgono firme in via Chiaia, angolo piazza Carolina.

Intitolata “Cambiamo musica”, è un’iniziativa per reagire “al sequestro della piazza”.Chiediamo ai cittadini di firmare – spiega Esposito – per liberare piazza del Plebiscito dai rumori, dal traffico e dall’impossibilità di far arrivare i mezzi di soccorso in caso di necessità”. Contraria alla raffica di concerti in piazza è anche la Municipalità Chiaia-Posillipo-San Ferdinando, pur espressione della stessa maggioranza di Manfredi. “E c’è anche il problema dei turisti” sottolinea Alessandra Caldoro del Comitato Felix. “Piazza Plebiscito – ricorda Caldoro – è uno dei monumenti più importanti di Napoli ma, essendo tutta transennata, i visitatori non vi possono accedere”. Oltre a chiedere un dietrofront al sindaco, si invoca pure l’intervento della Soprintendenza, per verificare il rispetto delle norme in materia di tutela del sito vincolato.

Ma lunga è la lista delle istituzioni cui ci si appella. Ciascuna per la propria competenza. C’è l’Asl Napoli 1, interpellata per un monitoraggio sulle emissioni acustiche. Al prefetto ed al questore si domanda se “le condizioni che si determinano in occasione delle chiusure garantiscano la sicurezza” degli spettatori dei concerti, ma anche dei residenti. “La chiusura – recita la petizione – provoca la impossibilità per i residenti di circolare liberamente non solo con le automobili ma anche a piedi; danno economico agli esercenti ed alle attività produttive della zona; danno acustico per l’insopportabile livello del volume degli altoparlanti”. L’unica voce silenziata – protestano i manifestanti – è proprio quella di chi vive in zona.