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Giancarlo Siani, 40 anni dopo. Del “miracolo di Giancarlo” parla il fratello Paolo, che ne ha raccolto il testimone. Si riferisce alla presenza costante “nella vita di questa città” del cronista ucciso dalla camorra. Come simbolo, Giancarlo è tuttora presente a Napoli, ma anche i tanti altri posti in Italia e nel mondo. Ma il primo luogo della memoria è in via Romaniello, quartiere Vomero. Qui, sotto casa, il giornalista fu ammazzato dai sicari il 23 settembre 1985. E in questa strada, nel 2016 è stato realizzato un murale in suo ricordo. In 9 anni, l’opera si è tuttavia deteriorata. La Fondazione “Giancarlo Siani”, presieduta dal nipote Gianmario Siani, ne ha voluto il rifacimento. A provvedervi è stato il collettivo Orticanoodles, già autore del murale originario. Stamattina la nuova inaugurazione. Rifatta anche un’altra opera ammalorata, “in chiave pop” spiega l’artista attivista Ruben D’Agostino. È artefice del forex col volto di Siani, posto sotto la targa a lui dedicata, nel punto esatto in cui si consumò l’agguato.

Giancarlo è un’icona intergenerazionale. Ha ispirato varie espressioni artistiche, perché non c’è un solo Siani, ma tanti: tutti attuali. C’è il giornalista d’inchiesta, di cui oggi ci sarebbe “bisogno”, dice il fratello. Non di quelli usi solo a “passare veline”, ma a stimolare “i lettori a capire i fenomeni”. E allude all’involuzione di un mestiere e di una categoria, sotto attacco di poteri legali e illegali, e sempre più indeboliti. Ma in tempi di escalation bellica, c’è anche il Giancarlo “uomo di pace“, ricorda Paolo. E cita forse la sua più foto celebre, quella col simbolo pacifista dipinto sul volto. “Gliela scattai io a Roma, alla marcia della pace” racconta il fratello. Mite e mai aggressivo, Siani “non cercava nemici, seguiva la sua passione” sottolinea Carlo Verna, presidente emerito dell’Ordine nazionale giornalisti. I due si conobbero alla rivista “Il lavoro nel Sud”. “Giancarlo dava sì fastidio – afferma Verna – ma perché con la memoria ricordava e ricollegava i fatti, un grande esempio per chi oggi si avvicina al giornalismo”.

Le tematiche occupazionali erano un’altra passione civile di Siani. Come pure “l’infanzia disperata”, evidenzia Geppino Fiorenza, storico esponente di Libera e presidente onorario della Fondazione Siani. Anche lui è da decenni impegnato nel campo dei bambini a rischio. “Quando dissequestrarono la Mehari di Giancarlo e la restituirono a Paolo – svela Fiorenza – dal cruscotto saltò fuori la sua agendina: c’era il numero della Mensa dei bambini proletari”. In 26 anni di vita, armato di penna e taccuino, quel ragazzo aveva già percorso molta strada. Anche questo verrà ricordato domani (9.30), alle Rampe “Giancarlo Siani” dell’Arenella, dove verranno deposti fiori alla commemorazione con le autorità civili.