L’Avellino quest’anno, a guardare queste prime uscite, sembra un po’ Ricomincio da tre. Con il Frosinone si era partiti male, quasi da dire: “ma allora non è cambiato niente, ricominciamo sempre da zero… anzi, da meno uno”. Poi, però, con il Modena è arrivato un pareggio che non sembrava granché, ma era come quando Massimo Troisi diceva “qualcosa me la porto”. E quell’uno in classifica, in realtà, era tanto, perché dava la certezza che i lupi c’erano ancora.
Con il Monza è stata la svolta. La squadra biancoverde ha trovato il coraggio, si è buttata dentro senza più paura, come il protagonista che decide finalmente di provarci. La Carrarese è stata la conferma: una vittoria sporca, che non fa ridere né sognare, ma che serve sempre. Perché – direbbe Troisi – “non è che uno può vivere solo di poesia”.
E infine la Virtus Entella. Un 2-0 chiaro, netto, con Biasci e Kumi a scrivere il lieto fine di un pomeriggio di sole. Davanti a un Partenio-Lombardi che ha sorriso come il pubblico di fronte a una battuta semplice ma geniale. Raffaele Biancolino, insieme allo staff, da regista silenzioso, ha messo dentro la cura dei dettagli, la concentrazione, l’intensità. I suoi hanno avuto fame, come lui ha sottolineato, ma per tratti si sono anche divertiti.
È cambiato il volto della squadra. È cambiata l’aria sugli spalti: da fragile e incerta a compatta e consapevole, da timorosa a sorridente e vincente.
E allora mi tornano in mente i primi ricordi che ho dei lupi. La voce gracchiante di una radio in auto, piena di insulti rivolti a calciatori, dirigenza e società dell’epoca. Ho sempre pensato che il calcio, come fenomeno di massa, fosse soprattutto uno “sfogatoio sociale”, un modo per scaricare rabbia e tensioni. Ma cosa succede quando i messaggi negativi si trasformano in positivi, e al posto dell’odio si diffonde amore? Non ho una risposta definitiva. So solo che giornate come questa fanno bene al cuore, alla mente e a un territorio difficile quanto affascinante, che ha bisogno di salvarsi e di continuare a sognare. “Non fermiamoci”, ha scritto Giovanni D’Agostino sui social. Ed è difficile non leggere in quelle parole l’eco di un sentimento che va oltre il calcio: la voglia di riscatto di una città, la necessità di credere che la bellezza del gioco possa farsi cura, orgoglio e appartenenza.
Però, come avrebbe ricordato Troisi con la sua ironia, “non è che possiamo vivere di ricordi, bisogna pensare a quello che viene dopo”. Guai dunque ad abbassare la guardia. Perché la Serie B è lunga, tortuosa e piena di insidie. Ma questa volta i biancoverdi hanno davvero imparato a ricominciare da tre.