di Gigi Caliulo
Si sprecano, in queste ore, gli esercizi stilistici per esaltare – legittimamente – il ricordo di Carlo Ricchetti, scomparso ad appena 55 anni dopo aver perso la battaglia decisiva contro un male incurabile.
Tutti, proprio tutti, lo riportano agli onori quale “re del taglio”, protagonista indiscusso della più bella Salernitana della sua ultracentenaria storia, quella guidata da Delio Rossi in panchina che conquistò due promozioni, dalla C alla A, e che aveva in Carlo l’interprete perfetto del ruolo di attaccante esterno nel suo 4-3-3.
Io, invece, mi soffermerò sulla sua purezza d’animo, sulla sua straordinaria professionalità, sul tono sempre pacato con il quale si confrontava con chiunque. Allenatori, compagni di squadra, tifosi, addetti ai lavori, amici. Ebbi la fortuna di conoscerlo, bene, dapprima come giornalista e poi come dirigente granata.
Dall’altra parte della barricata legammo ancor di più, conobbi col passare dei giorni un professionista esemplare, silenzioso ma non dimesso. Un calciatore rispettoso dei ruoli e delle regole di spogliatoio. Sempre pronto alla battuta, mai scomposto: rideva prima con lo sguardo. Uno sguardo buono nascosto dai suoi occhi così profondi. E poi pronto a liberare quel sorriso, sempre pieno e solare.
Il calcio, troppo sporco, di oggi gli ha restituito molto, molto poco rispetto a quanto egli ha donato nella sua carriera. Forse perché il circo pallonaro non meritava le doti umane e la bontà di una persona così bella.
Tutti lo ricorderanno, d’ora in poi, rendendo giustizia al mito calcistico legato alle sue giocate. Gli renderanno un doveroso tributo per tutto quanto ha donato alla Salernitana e al mondo del calcio. È un po’ tardi, ma la riconoscenza resta sempre il sentimento del giorno prima.
Tutti lo ricorderanno come il re del taglio. Io lo ricorderò sempre come Carletto. Un uomo buono, un professionista leale. Un amico in più in Paradiso.























