Avellino – “Mi ricordo dove sono nato e sono cresciuto. Avellino ce l’ho dentro al cuore. E la porto in alto con me. Quella era la mia scuola. In quella villa ho dato i miei primi limoni. Chi lo poteva dire, io forse un po’ sì. Non mi sono mai reputato meglio di nessun altro. Ma che avessi qualcosa da esprimere, sì lo sapevo. L’ho sempre saputo. Qualcosa di speciale, da dire a modo mio, ho cercato di proteggerlo, come si fa con le cose belle e fragili. Proteggete le cose belle speciali, non cercate di essere come gli altri. Non imitate le altre città, le altre persone. Distinguetevi, c’è bisogno di ognuno di voi. Non di una massa che uno gli dice cosa fare e loro obbediscono. Ringrazio chi ci credeva e chi no. I miei genitori e mia sorella. Perché, accanto a chi sogna, c’è sempre bisogno di chi sostiene. E loro non mi hanno mai buttato giù. In me ci hanno sempre creduto”. E’ stato questo il discorso con cui Ghemon, al secolo Gianluca Picariello, ha abbracciato la sua Avellino.

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