Il sannita Cestari 40 anni fa ucciso dalle Br, il figlio: “Una strage dimenticata”

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Era l’8 gennaio del 1980 quando l’appuntato sannita Antonio Cestari rimase vittima di un agguato insieme ai colleghi Rocco Santoro e Michele Tatulli. Stavano svolgendo un servizio di perlustrazione a Milano, e mentre transitavano sotto un ponte la loro vettura venne bloccata nei pressi di via Schievano da un automezzo occupato da terroristi. Numerosi colpi d’arma da fuoco raggiunsero la volante, per gli agenti non ci fu nulla da fare. L’attentato, rivendicato dalle Brigate Rosse con centinaia di volantini recanti la frase “Benvenuto al Generale Dalla Chiesa”, resta uno degli eventi più tragici degli anni Ottanta. Proprio ieri è ricorso il quarantesimo anniversario di quell’accadimento, e al dolore mai sopito per la perdita del papà, il figlio di Antonio Cestari,  Carmine, ha aggiunto la beffa di un ricordo a suo dire cancellato.

Attraverso le colonne dell’edizione milanese de “Il Giornale”, Carmine – che ai tempi dell’agguato aveva 16 anni – ha ripercorso la vicenda non mancando di mostrare un chiaro disappunto: “La ferita resta aperta e lo resterà per sempre, non si rimarginerà”, esordisce. “Ho saputo che mio padre non morì subito, che i terroristi tornarono indietro per finire il “lavoro”. L’altro figlio di Antonio Cestari, Paolo, aveva invece soltanto 10 anni nel 1980. “Ricordo tutto di quegli attimi – dice Carmine –  Uscii da scuola e mi dissero che c’erano stati dei problemi, che mio padre era ferito ma non in maniera grave. Poi, quando l’ho saputo, sono corso ad abbracciare mia madre ed è iniziato un lungo calvario fino ai funerali a San Lorenzello, dopo un lungo viaggio in treno di andata e ritorno”.

“Quella delle Br fu un’azione dimostrativa – prosegue Carmine nel suo racconto -; quando rivendicarono l’azione dissero che volevano dare il benvenuto al generale Dalla Chiesa. Dovevano colpire qualcuno e colpirono quei poveri disgraziati che non avevano mai fatto niente di male, mio padre stava fra la gente, andava alle feste dell’Unità”

L’amarezza di Carmine è ancora più forte nel constatare l’attuale stato dei fatti: “I responsabili dell’agguato furono Balzerani e Moretti, che poi hanno fatto quello che sappiamo con Moro. Oggi sono tranquilli, presentano libri e fanno pubblicità. Nel frattempo mio padre è stato dimenticato, a ricordarlo c’è solo una lapide. Ci sono morti di serie A e morti di serie B, forse anche di serie D. Mi piacerebbe guardarli negli occhi, quei due, non mi sottrarrei di certo nel farlo, non avrei paura”.

Ieri in via Schievano si è svolta la commemorazione nel quarantesimo anniversario dalla strage. Un momento struggente in un luogo che per Carmine e la sua famiglia resterà per sempre maledetto. L’assessore della Regione Lombardia, Riccardo De Corato, nell’occasione ha ammonito: “Fa piacere che il Comune di Milano voglia ricordare queste tre vittime del terrorismo, ma sarebbe altrettanto positivo che non lasciasse che all’interno di locali comunali, seppur dati in gestione a terzi, ex brigatisti mai dissociatisi presentino i loro nuovi libri”.

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