Ancora un udienza per il processo sull’incidente mortale avvenuto lungo il ponte di Acqualonga sulla A16 a luglio del 2013, nel quele persero la vita 43 persone. Questa volta i consulenti della società Autostrade sono arrivati alle loro conclusioni. A rappresentarle al giudice Luigi Bonanno, è stato il docente universitario di Firenze Lorenzo Domenichini che ha dichiarato che a provocare l’incidente sarebbero state le condizioni del mezzo di trasporto e l’imprecisione dell’autista che lo guidava per la manomissione della valvola a 4 vie.
In particolare, supportato da una voluminosa raccolta di elementi, immagini, ricostruzioni e video, il consulente ha pure precisato che il mezzo sia precipitato non per lo stato di corrosione della barriera autostradale. I rilievi, secondo il consulente, hanno accertato che gli ancoranti del viadotto erano idonei alla loro funzione di protezione. Addirittura la protezione aveva una capacità di contenimento superiore alla norma e, comunque, neanche barriere di ultima generazione avrebbero potuto contentere il mezzo in corsa visto l’impatto fortissimo.
Tra l’altro, il fenomeno della corrosione degli ancoranti lungo il ponte, non tutti, sarebbe da considerarsi una condizione eccezionale e imprevedibile. In ogni caso la responsabilità dell’evento non sarebbe da ricondurre all’infrastruttura autostradale, secondo sempre quanto emerso nell’udienza.
Conclusioni che appaiono opposte a quelle che sono state rese dai consulenti della Procura di Avellino. E’ fissta per il 31 gennaio prossimo una nuova udienza dutante la quale proprio il procuratore Rosario Cantelmo sottoporrà al controesame i consulenti di Autostrade Italiane.
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