Lavorò in nero nell’hotel della moglie del senatore, indaga la magistratura

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Avrebbe lavorato in nero, con un paga misera, presso l’hotel gestito a Boscoreale (Na) dalla moglie dell’ex senatore Pdl Pietro Langella. E quando è andata a reclamare in più occasioni l’assunzione e più dignitose condizioni di lavoro, si sarebbe sentita rispondere sempre picche. “Non puoi farmi niente, mio marito è Senatore”, la risposta della proprietaria. Presunta vittima di questo episodio di sfruttamento lavorativo un donna ucraina di 48 anni, Natalia Lobachevska, che dopo quattro anni di servizio e in seguito al licenziamento sopraggiunto nell’ottobre scorso, si è rivolta al legale nigeriano Hilarry Sedu, che assiste parecchi stranieri sfruttati, presentando così querela contro Lucia Romano, moglie di Pietro Langella, che a Boscoreale gestisce l’Hotel La Fenice; la 48enne ha adito anche il giudice civile per la richiesta di una risarcimento, ma l’udienza non è stata ancora fissata.

La vicenda inizia nel novembre 2013, inizia a lavorare senza contratto in qualità di cameriera presso la struttura alberghiera; in quel momento la Lobachevska ha un regolare permesso di soggiorno, ma nonostante le sue richieste, non viene mai regolarizzata dalla Romano; la paga è di 220 euro a settimana per 72 ore di lavoro, oltre dieci ore al giorno di media, come gli stranieri sfruttati nei fondi agricoli di Villa Literno, Rosarno o Foggia. Pochi mesi dopo scade il permesso dell’ucraina, che diventa così clandestina. A quel punto lo sfruttamento, racconta la donna, raddoppia, in quanto la moglie di Langella la fa lavorare anche a casa. L’ucraina si lamenta, ma la Romano le fa capire che è meglio staresi zitta, altrimenti rischia anche l’espulsione. Le cose vanno avanti fino all’ottobre 2017, quando la titolare dell’hotel chiama la Lobachevska e le dice che, a causa del periodo di crisi economica, le deve abbassare ulteriormente il salario, da 220 a 150 euro ma con le stesse ore di lavoro. La straniera si ribella e viene messa immediatamente alla porta. Sul caso indaga la Procura di Torre Annunziata, che ha già ascoltato dei testimoni.

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