Restituiti al Museo Filangieri i beni sottratti da Villa Livia, nel furto coinvolta la famiglia dei custodi

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Napoli – Sculture del XVIII e XIX secolo, cornici settecentesche, un capitello romano e circa 300 calci di gesso e gomma impiegati per la produzione di monete. Sono i beni restituiti al Museo Filangieri a seguito dell’operazione ‘Grifeo’ svolta dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli e coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli e dalla Procura della Repubblica di Napoli per i minori. Le opere fanno parte del patrimonio che era custodito a Villa Livia, dimora storica afferente al Museo Filangieri, e set cinematografico della fiction ‘I bastardi di Pizzofalcone’. A dare il via all’attività investigativa è stata la denuncia del direttore del Museo Filangieri, Paolo Iorio, non appena insediatosi. ”La prima cosa che ho fatto non appena nominato è stata realizzare un inventario delle opere – ha spiegato Iorio – e subito mi sono accorto che mancavano ben 99 pezzi e dunque è partita la denuncia. Si tratta di opere che non hanno solo un valore economico, ma anche un valore storico: la loro perdita significa perdere la memoria. Devo ringraziare le forze dell’ordine e questo nucleo speciale che lavora in maniera straordinaria con competenza e impiegando un database, strumento fondamentale”. I beni recuperati saranno ora esposti al Filangieri. Le indagini hanno appurato che a sottrarre e vendere le opere era la custode con il coinvolgimento dei due figli minori.

Tutto è partito dalla catalogazione delle opere di Villa Livia fatta dal direttore Iorio – ha spiegato il Maggiore Giampaolo Brasili, Comandante del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Napoli – e dal furto su cui abbiamo acceso un riflettore per capirne le dinamiche e una serie di elementi investigativi ci hanno permesso di acclarare che effettivamente il traffico, l’espoliazione di Villa Livia era gestita proprio dalla famiglie dei custodi”. Custodi che attualmente continuano tuttavia a vivere all’interno di Villa Livia dove stanno scontando ai domiciliari la condanna in primo grado, giunta nel luglio 2020, di tre anni e otto mesi di reclusione. ”E’ paradossale – ha evidenziato il direttore Iorio – perché noi non possiamo accedere alla Villa che invece avrebbe bisogno di interventi di ristrutturazione per farla rivivere”.

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