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Avellino – Per come si stanno mettendo le cose, l’Aias di Avellino potrebbe non riaprire più. Di conseguenza sono destinate alla chiusura anche le altre due strutture che si trovano a Nusco e a Calitri. Una vicenda che sembra essere legata, per le decisione assunte fino a questo momento, solo a questioni di natura squisitamente politica, di cambi di governi, mandati, magliette di partito e via dicendo. Quello che sconcerta oggi è l’assoluta assenza di considerazione per i 300 pazienti che frequentavano il centro e per i 70 dipendenti diretti dell’Associazione italiana dell’assistenza agli spastici che, con grande senso di responsabilità, hanno continuato ad operare pur non percependo stipendio da mesi. Spettanze arrivate a sette mensilità, compresa una tredicesima, che ancora devono riscuotere. Nessuno sembra essersi chiesto che fine avrebbero fatto tutte queste persone. E oggi per loro è scaduto il periodo di ferie forzate.

“Una situazione assurda – commenta la fisioterapista dell’Aias, Giuseppina Barbati – stiamo pagando sulla nostra pelle questioni ed errori commessi da altri. Un prezzo troppo alto. Io lavoro presso la struttura dal 1991 e come me tanti altri lavoratori. Ci siamo sempre dedicati ai 300 pazienti che necessitavano dei servizi di assistenza. Di fatto non sappiamo più come immaginare il futuro e questa sembra essere una cosa che non interessa a  nessuno, nonostante fosse stata evidenziata la necessità di tutelare il rapporto umano e di continuità sanitaria tra noi e gli assistiti. Era questa la condizione che per i tanti genitori doveva rappresentare la priorità proprio per la delicatezza delle problematiche di ogni paziente e la complessità di molte situazioni”.

Dunque a nulla sembrano essere serviti i giorni di protesta avviati presso la sede di Via Morelli e Silvati per ottenere le mensilità arretrate, non è servito l’impegno dei fisioterapisti a proseguire i servizi rimettendoci anche il costo della benzina. Ma da domani i lavoratori hanno già annunciato la ripresa di nuove azioni. Potrebbero ritrovarsi proprio presso il centro visto che, nonostante le catene al cancello di ingresso, continua ad essere frequentato dai commissari e dagli addetti all’amministrazione.

“Il rammarico più grande è anche per la poca attenzione che viene data alla nostra vicenda. Tolti i giorni in cui c’è stato l’interessamento del fronte istituzionale cittadino, è mancato un riconoscimento alla nostra professionalità – prosegue l’operatrice dell’AiasVa evidenziato che i pazienti di cui parliamo hanno criticità molteplici, sotto il profilo neurologico, motorio e vanno inquadrati sotto diversi aspetti. Quindi sicuramente l’Asl ha dovuto farsene carico assicurando le prestazioni ma va considerato tutto questo. Per esempio nell’assistenza a domicilio sembra sia stato attivato il regime Adi che prevede sedute al massimo di 40 minuti per un paio di volte alla settimana. Un tempo che non è sufficiente. Una vera strage. E ci troviamo di fronte a decisioni assunte da questo signor De Luca che, dopo quattro anni, si accorge che noi non siamo accreditabili. E’ davvero incredibile”.

In tutto le unità che operavano nella sede di Via Morelli e Silvati erano circa 130 perché oltre ai 70 lavoratori diretti dell’Aias, altri 60 erano a convenzione. Anche di loro intende preoccuparsi il segretario generale dell’UGLCostantino Vassiliadis: “La vicenda dei lavoratori deve riguardare tutte le unità presenti su Avellino. Le priorità sono i dipendenti e i pazienti di cui l’Asl ha sempre detto di volersi occupare distribuendoli nelle diverse strutture di sua competenza, anche se non tutti hanno accettato di frequentarle. Sono diverse le famiglie rimaste in attesa ma la decisione assunta dalla Regione ha gettato tutti nell’incertezza”.

Anche il vice presidente della commissione sanità della Regione Campania, Enzo Alaia, mostra il  suo rammarico per quanto è accaduto: “Seguirò la vicenda soprattutto per la parte che riguarda i dipendenti che devono essere salvati.  Mi preme anche il futuro assistenziale dei pazienti dell’Aias, di cui l’Asl già si è fatta carico. I problemi sono burocratici ma devo precisare che l’Azienda sanitaria ha la sua autonomia gestionale e che nel 2013 già aveva indicato la mancanza di requisiti minimi dell’Aias per l’accreditamento. Noi come commissione possiamo fare ben poco ma vigileremo”.