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Avellino – Centottanta minuti. Due partite alla conclusione della stagione regolare. Forse è meglio dire ad una tragedia greca. All’Avellino oggi manca un punto, uno solo per chiudere il discorso salvezza. Il calcio è strano, troppo. Discorso salvezza quando due mesi fa si parlava “allegramente” di playoff o addirittura terzo o quarto posto. Il tempo dei sogni di gloria è finito. Purtroppo sì, finito. Oggi la squadra, duole definirla così, naviga in zona arancione. La sconfitta con la Turris, l’ennesima, pesa tanto. Troppo. Manca la matematica per archiviare la salvezza. All’orizzonte due sfide cruciali con Fidelis Andria e Monterosi. Comunque vada, facendo i dovuti scongiuri, l’Avellino porterà a casa la salvezza. Ci mancherebbe. Ma cosa si porterà a casa di questa stagione? Gli errori, o meglio dire gli orrori. Cominciati con il mercato estivo fino a passare a quello invernale.

Mancata programmazione, mancato sincronismo con le idee di un tecnico, Massimo Rastelli. Forse, o meglio senza ha fatto male ad accettare di ritornare su quella panchina che lo ha portato alla ribalta nazionale. Oggi quella squadra regala punti a destra e manca, una sorta di zio d’America pronto ad allungare il cinque euro ai nipotini e non. Non va, non va bene così. Non rispecchia la storia, la passione e soprattutto il cuore di quella maglia. Forse il gesto di Pasquale Pane al termine della gara indicando alla squadra di essere senza attributi la dice lunga. Una maglia pesante, forse in pochi possono indossarla davvero. L’esempio, purtroppo brutto da fare, riguarda chi da lassù sicuramente si starà dannando per il suo amato lupo, Mimmo Cecere. Ebbene quella squadra, quella famiglia forse è l’ultimo esempio di un gruppo unito fino alla morte. Appunto. Capace di superare le difficoltà, affrontare un Golia del calibro del Napoli ferito nell’orgoglio pronto a tornare nel mondo dei grandi dopo il fallimento. Oggi chi indossa la maglia dell’Avellino, non ha un briciolo di quella voglia o cattiveria.

Purtroppo gli errori stanno a monte. La mancata programmazione, oggi costa caro. Non serve programmare il futuro con un progetto modello Virtus Francavilla, senza nulla togliere ai pugliesi, anzi tanto di cappello. L’Avellino dopo anni di sofferenze, post fallimento e Serie D sogna ancora il ritorno in una categoria “persa” per una fideiussione. Fa strano visto che il patron, Angelo Antonio D’Agostino da buon costruttore sa bene da dove si costruisce un palazzo. Sarà l’inesperienza o il fidarsi di persone sbagliate. Dirigenti, direttori sportivi e soprattutto calciatori che cercano l’ultimo contratto della vita o l’occasione. No, non va bene così. La piazza non merita ciò. Non merita le solite frasi di circostanze o le scuse “imposte” all’orecchio. No, no signori avete sbagliato palazzo. Tutti, nessuno escluso. Nel mirino anche chi la fuori “gode” delle sconfitte, pronto a togliersi i sassolini della scarpa per mera vendetta personale. L’annata è quasi finita, meno male. La verità è che l’Avellino calcistica merita rispetto da parte di tutti: nessuno escluso.