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“Nell’ultimo anno la spesa media delle famiglie irpine e campane è diminuita. Una tendenza in atto già dal 2019, a causa dell’inflazione e del carovita, che in cinque anni ha eroso almeno il 15% del budget disponibile”. A riferirlo è Giuseppe Marinelli, presidente provinciale di Confesercenti Avellino, sulla base di una indagine dell’organizzazione nazionale, elaborata su dati Istat.

“Se la media nazionale – prosegue il dirigente – nel 2024 riporta una spesa sostanzialmente ferma in termini di valore nominale, che si traduce in termini reali in un arretramento a causa della riduzione del potere di acquisto, pari a circa 4 miliardi di euro in tutto il Paese, nel Mezzogiorno si segna una flessione anche nominale.

Tra le aree del Paese infatti si registrano significative disparità, con il Sud fanalino di coda. Tra i budget medi di spesa della Campania e quelli della regione italiana al vertice della classifica, il Trentino Alto Adige, c’è una differenza che arriva a circa il 60% in più delle disponibilità di spesa delle famiglie nella nostra regione.

Rispetto al Centro-Nord, la spesa delle famiglie residenti nel Sud e nelle Isole si concentra maggiormente su beni e servizi destinati al soddisfacimento dei bisogni primari, quali, ad esempio, i beni alimentari. La quota di spesa totale destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche, che in media nazionale si attesta al 19,3%, nel Sud raggiunge infatti il 25,4% (23,5% nelle Isole), mentre nel Nord-est si ferma al 17,4%.

Tra zone interne e costiere della Campania a mutare è soprattutto la voce degli affitti o dei mutui per la casa che nel capoluogo regionale, nelle zone costiere o a maggior vocazione turistica è nettamente più alta, impegnando una quota consistente dei redditi.

Al di là delle statistiche, comunque, quasi un terzo dei nuclei familiari dichiara di aver ridotto la quantità o la qualità dei propri acquisti, soprattutto alimentari, per contenere i costi. Le voci di spesa più rigide – abitazione, utenze, trasporti – continuano a comprimere la parte discrezionale dei consumi, in particolare per le famiglie del Mezzogiorno e per quelle con redditi medio-bassi. Anche la componente dei servizi, in passato motore della spesa interna, mostra segnali di rallentamento”.

“Il quadro complessivo – conclude Marinelli – conferma la fragilità della domanda interna, principale leva della crescita per un’economia come quella italiana, in cui il consumo delle famiglie rappresenta oltre il 60% del Pil. L’erosione del potere d’acquisto è ormai un problema sistemico.

Senza un intervento strutturale si rischia una perdurante stagnazione o una ripresa non duratura nelle aree economicamente più sviluppate, che per le zone più svantaggiate, come l’Irpinia, significa invece un costante declino e un avanzamento del processo di desertificazione”.