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Flumeri (Av) – Una manifestazione di arte popolare che si tramanda da generazioni in occasione della festa di San Rocco, come segno di devozione verso il santo protettore del paese irpino. 

L’alzata del Giglio di grano, una delle tradizioni più antiche della Campania. La parola Giglio significa proprio “Offerta di primizie”.
 
Nel 1600 a causa della peste ci fu un terribile calo demografico per cui i flumeresi sentirono il bisogno di votarsi a San Rocco per proteggerli dagli affanni e dalle pestilenze. Un aneddoto spiega il motivo per cui il Giglio è stato dedicato a San Rocco: un tale Rocco Maglione in un viaggio ad Ariano Irpino s’imbattè in un uomo che dal Campo Comune guardava verso il paese. Maglione chiese allo strano visitatore la sua presenza lì e gli fu risposto “sono a guardia di questo paese e dei suoi abitanti”.
 
Quest’aneddoto spiega il motivo per cui il Giglio è stato dedicato al Santo Taumaturgo di Montpellier.
 
 Nel secolo XIX, i covoni cominciarono ad essere lavorati in paese da volenterosi ricompensati con pasti caldi preparati dalla Congrega di San Rocco. Lo scopo era quello di formare un unico Giglio simbolo dell’unità della collettività e della riconoscenza verso il Santo per il buon raccolto e per la protezione avuta contro le calamità naturali.
 
All’inizio del novecento la preparazione del Giglio cambiò. La costruzione, infatti, si progettava già all’inizio della primavera con l’accurata ricerca di un albero che generalmente era un ciliegio o un pioppo, sul quale erano montate le gregne.
 
Nel mese di luglio l’albero, precedentemente individuato, era tagliato e trasportato al Campo Comune, dove si ammucchiavano i covoni. Nel campo gli uomini ripulivano il tronco dell’albero dai rami, lo sistemavano sulla carretta e lo legavano con robuste funi di canapa per fargli mantenere la posizione verticale durante il trasporto.
 
Le donne, invece, preparavano i mazzetti di spighe (matte’l) e le catene che avrebbero ornato il Giglio. Nei primi giorni di agosto si cominciava la vestizione delle parti più alte con i matte’l e poi seguiva l’alzata e la vestizione della parte inferiore con le trecce fino a coprire tutto il carro ad eccezione del timone. Finita la vestizione, si cominciava la gara fra i contadini per ottenere il privilegio di offrire la coppia di buoi per il trasporto, che avveniva, il pomeriggio del giorno di ferragosto.
 
 Agli inizi degli anni ottanta è stata modificata la struttura portante del Giglio. Oggi il giglio è un castelletto di travi di legno che raggiunge un’altezza di 30 metri e ogni anno è ricoperto da pannelli diversi. I covoni vengono raccolti tra giugno e luglio e si depositano a Campo Comune dove verranno lavorati. I carristi iniziano a montare il giglio mentre le donne raggruppano le spighe per grandezza, forma e colore per metterle al macero e poi intrecciare catene destinate a decorare il Giglio. La cerimonia dell’alzata precede la traslazione che avviene il 15 agosto. La fatica finisce nel momento in cui le ruote del giglio assumono posizione orizzontale.
 
 Il Giglio, però, ha conservato la sua autenticità tradizionale, anche se, ogni anno, la forma dei pannelli è modificata per esigenze legate al rinnovamento estetico. La raccolta e la lavorazione dei covoni rimangono invariate.
 
A questa tradizione antica, mescolata alla fede e alle radici, quest’anno si aggiunge la presenza di Gitano che con il suo Radikanto Tour canta proprio le radici nostrane, canzoni di terra, di fatiche, di polveri, di ricordi, tratte dal ultimo lavoro discografico “Facci”, 18 perle di composizioni cantate in vernacolo, canzoni ci dice Gitano “dedicate alla mia terra terra, mi danno forza, quasi quanto me ne da un autografo e quanto me ne ha dato il sogno coronato per le mie partecipazioni al Festival di Sanremo e alle tante apparizioni televisive tra Rai e Mediaset. Sono semplici composizioni, novelle di estrazione popolare, storie vissute, raccontate e tramandate nel tempo che gonfiano la mia passione fino a diventare figli diamanti e come figli sono sguardi monelli sulle rughe del tempo; non ci può essere futuro costruttivo senza guardarti dietro e senza sapere da dove vieni”.
 
Sul palco Gitano racconta e canta  la sua storia facendolo sempre con grinta e professionalità. Uno spettacolo tutto da vedere con la sua arma vincente, la voce. Una voce dalla timbrica perfetta che quasi la suona, una vera potenza, da brividi. Uno spettacolo dal sound mediterraneo, eccezionalmente accarezzato da suoni rock – popolari.
 
Ad accompagnarlo i Tamurè Band con: Pasquale Parrillo alla batteria, Mariano Grande al basso, Giampaolo Capone alla chitarre, Tonino Buonanno al Piano e Tastiere, Chiara Supino Vocalist.