L’Avellino di Raffaele Biancolino continua a sorprendere e a dividere: nel 2-2 dell’Euganeo contro il Padova c’è tutto il manifesto calcistico del Pitone. Una squadra che vive di coraggio, improvvisazione e istinto, capace di ribaltare un avvio disastroso e di uscire con un punto pesantissimo da una sfida che sembrava compromessa. Non è calcio ortodosso, non è la gabbia di un sistema rigido: è piuttosto una continua ricerca di soluzioni offensive, anche a costo di sbilanciarsi.
Biancolino ha affrontato l’ennesima emergenza inventandosi un nuovo assetto: dal 3-5-2 al 3-4-1-2, con Insigne trequartista libero di accendere la manovra, Biasci riferimento mobile e Lescano terminale di peso. Una scelta che ha tolto certezze ma ha offerto nuove variabili. In difesa Enrici ha dato più pulizia in uscita, Milani ha garantito gamba e spinta, sebbene ancora acerbo nelle letture. Il tecnico non ha cercato equilibrio ma profondità, convinto che il modo migliore per proteggersi sia attaccare.
Il primo tempo ha mostrato i limiti di questo approccio. Il Padova, con Vargas e Bonaiuto larghi, ha punito i fianchi della retroguardia biancoverde. Il 3-4-1-2 dell’Avellino è diventato spesso un 5-3-2 schiacciato, incapace di coprire l’ampiezza. Così sono arrivati i gol di Sgarbi e Bonaiuto, figli della pressione e della superiorità numerica sulle corsie. Ma quando la gara sembrava in discesa per i veneti, l’istinto del lupo ha cambiato la storia: due giocate di Lescano, prima uomo-assist poi finalizzatore, hanno rimesso il punteggio in equilibrio.
La reazione non è stata casuale: è stata il prodotto di un atteggiamento che privilegia il fraseggio anche da dietro, con i difensori chiamati a rischiare palla a terra pur di trovare Insigne tra le linee. Una manovra esposta a errori, ma che ha consentito di guadagnare metri e fiducia. Nella ripresa il copione non è cambiato: Avellino più intraprendente, Padova meno incisivo, partita aperta fino alla fine. Emblematica la scelta di Biancolino di sostituire Lescano con Crespi non per difendersi ma per alzare ulteriormente i ritmi. Un segnale di mentalità, quasi una sfida al destino: mai accontentarsi.
Dal punto di vista tecnico-tattico emergono luci e ombre. Pregi: capacità di ribaltare le inerzie, varietà offensiva con più interpreti coinvolti, personalità nel proporre gioco anche lontano dal Partenio-Lombardi. Difetti: fragilità difensiva sugli esterni, mancanza di copertura preventiva e difficoltà a reggere ritmi alti per novanta minuti. In sintesi, un Avellino che vive sull’onda emotiva, ma che proprio da questa energia trae la sua forza.
Il pareggio di Padova dice che Biancolino non ha ancora trovato un modulo definitivo, ma ha già costruito un’identità: calcio verticale, aggressivo, senza calcoli. Non sarà sempre produttivo, ma garantisce una certezza: con questo Avellino, nel bene e nel male, la partita non è mai finita.