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Avellino – Sembrava tutto risolto, sembrava che la crisi iniziale si fosse conclusa con l’ingresso dei due soci che avevano ridato speranza a una piazza intera, vogliosa di ritornare nel calcio che conta e seppure ciò non fosse stato possibile, vivere almeno un presente fatto di pochi patemi. E invece la soluzione trovata per ridare fiato all’Avellino si sta trasformando in un incubo nel vero senso della parola. Stracci che volano da una parte e dall’altra, due soci che viaggiavano a braccetto e che adesso, stando alle indiscrezioni, starebbero alla ricerca di fondi per acquisire l’intero pacchetto di maggioranza. Il direttore generale Nello Martone che ha sviluppato il processo legato a questa cordata (dovrebbe bastare solo questo per la riconoscenza di aver creato almeno uno spiraglio di luce, ma nel calcio la riconoscenza non esiste), ha iniziato a fare mercato e ora è diventato l’uomo da mettere necessariamente alla porta. E come farlo? Semplice, basta non fargli fare ciò che ha sempre fatto: la campagna acquisti. Le parole di Circelli sono una sentenza: “il mercato lo fa l’allenatore e il direttore sportivo, Carlo Musa” (giovane con grande passione che è stato tirato dentro in tutta questa situazione). Poi, però, emerge che a Milano, per gli ultimi giorni della riparazione, le operazioni saranno condotte da Minadeo, consulente vicino a Circelli, l’unico con potere di firma, che non appare assolutamente nell’organigramma societario. A cosa serve portare Musa allora? A cosa serve, allora, tenere fuori Martone, portarsi dietro Musa ma far fare il mercato a un terzo uomo? Francamente a poco, se non a creare confusione.

La figura del direttore generale, ovviamente, diventa l’ago della bilancia per cercare la spallata definitiva all’altro socio, Luigi Izzo (alla pari con Circelli e Riccio col 25% e poi ci sono Autorino e De Lucia al 12,5%) che non è rimasto a guardare ed è alla ricerca di ciò che serve per essere lui in maggioranza. Toccare Martone, significa toccare l’imprenditore caudino. E non finisce qui, all’orizzonte si stagliano le prime scadenze e il mancato rispetto delle stesse potrebbe riportare un altro attore: De Cesare.

Insomma, una soap opera in pieno stile calcistico. Ma tutti questi attori in scena, probabilmente, stanno dimenticando che stanno agendo davanti a un pubblico interessato. Ai tifosi, onestamente, non interesserà mai chi possa essere il presidente e chi il magazziniere. Interesserà sempre la maglia e i giocatori che la difendono, interesserà avere un futuro. A tutti piace vincere ma anche i tifosi più appassionati sanno essere riconoscenti se non arriva la vittoria ma c’è il massimo impegno. Di sicuro, e questo è certo, il teatrino di questi giorni non piace a nessuno. Sbattuti sui quotidiani, online o cartacei che siano, per gli stracci che volano all’interno della società, per lotte intestine che non fanno bene a nessuno, in primis alla squadra che ha bisogno di rinforzi come il pane (emblematico è il grido d’allarme di Capuano): una situazione che la piazza sta cominciando a sopportare poco. 

Ecco, probabilmente, è questo che sta sfuggendo a tutti: si sta giocando con la fede di una piazza, con la passione e con la pazienza di chi ha il biancoverde nelle vene. E mentre parte il tutti contro tutti, mentre si studiano le strategie per vedere come far cadere l’opposizione (spostandosi sulla politica), esiste una terza parte che merita rispetto e il cui malumore dovrebbe essere preso in seria considerazione prima che esploda in maniera irreversibile. Si tratta di quella parte alla quale non interessa chi sia il presidente, che c’era prima di Izzo e Circelli e ci sarà dopo Izzo e Circelli, una parte che vuole vivere la propria passione ed è onestamente stanca dello spettacolo offerto sia da Izzo che da Circelli.