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La notizia ha dell’incredibile: nel comune di Caposele – la capitale dell’acqua nel Mezzogiorno considerato che qui sgorgano le fonti del fiume Sele e che qui ha sede il canale principale dell’acquedotto del Sele Calore – manca l’acqua, tanto che il sindaco è stato costretto a emettere la classica ordinanza di limitazione del consumo delle risorse.

Un paradosso utile a sintetizzare la clamorosa emergenza che Irpinia e Sannio (almeno nella parte servita dall’Alto Calore) stanno vivendo in questi giorni. Intere comunità rimaste a secco per ore, spesso senza alcun preavviso o comunicazione.

Una situazione drammatica, come rappresentato dal presidente dell’Alto Calore Lello De Stefano al vertice istituzionale tenutosi martedì scorso in prefettura ad Avellino. Vertice dal quale è emersa almeno una piccola schiarita per quanto concerne l’utilizzo dei pozzi di Montoro. Troppo poco, comunque.

Perché neanche più si può parlare di emergenza, perché in tal caso si tratterebbe di “Circostanza imprevista, accidente”, stando alla definizione della Treccani. E invece i rubinetti a secco sono una abitudine, da qualche anno oramai. Con la quale però è impossibile convivere.

Che fare? Una proposta, nella giornata di ieri, l’ha messa in campo il deputato irpino Angelo D’Agostino, che, preso carta e penna, ha scritto ai presidenti delle regioni Campania e Puglia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano.

“L’Irpinia è a secco pur essendo il maggior bacino idrico del Mezzogiorno. E’ un paradosso intollerabile che tutti riconoscono, ma che ancora non trova soluzione nonostante si riproponga da ormai troppo tempo. E’ giunto il momento di rivedere gli accordi tra Campania e Puglia sulla distribuzione delle nostre acque e trovare le risorse per l’ammodernamento delle reti”.