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Il ritorno in Serie B, atteso sette lunghi anni, non poteva cominciare in modo più amaro. Allo “Stirpe” di Frosinone l’Avellino di Raffaele Biancolino è stato travolto dall’entusiasmo e dall’intensità dei padroni di casa, uscendone sconfitto 2-0 al termine di una partita che ha messo subito in chiaro le difficoltà della nuova categoria.

Biancolino e l’albero di Natale. Le assenze hanno pesato come macigni: fuori Cagnano per squalifica, più Favilli, Palmiero, Patierno, Rigione e Tutino ai box. Il tecnico ha provato a mascherare le difficoltà affidandosi a un modulo “albero di Natale” di ancelottiana memoria: Lescano terminale offensivo, supportato da Insigne e Russo, con Enrici preferito a Milani sulla corsia mancina per dare maggiore solidità difensiva.

Un piano che, però, è saltato immediatamente. Dopo appena due minuti Raimondo ha impegnato Iannarilli con un destro insidioso. Sul proseguo, al 4’, la fascia sinistra dell’Avellino è crollata: Ghedjemis ha sfondato senza difficoltà, servendo Koutsoupias, che di prima intenzione ha battuto il portiere biancoverde.

Primo tempo da incubo. Il gol subito ha tagliato le gambe agli irpini, apparsi timidi e contratti. Il Frosinone, invece, ha spinto sull’acceleratore mettendo in evidenza una condizione atletica già brillante e una velocità di manovra quasi doppia rispetto a quella degli ospiti.

Sounas e compagni hanno faticato a tenere le distanze tra i reparti, perdendo palloni banali in costruzione e concedendo spazi enormi sulle fasce. Così, dopo un paio di avvisaglie con Barcella, è arrivato al 28’ il raddoppio firmato da Marchizza, ex Avellino, lasciato incredibilmente libero al limite dell’area: destro al volo su palla sporca da corner e 2-0.

Solo qualche tentativo dalla distanza di Palumbo ha provato a scuotere l’Avellino, ma Palmisani non ha corso veri pericoli fino all’intervallo.

La scossa che non basta. Nella ripresa l’Avellino è rientrato con un atteggiamento più aggressivo. Biancolino ha inserito Crespi e Milani, riportando Enrici al centro della difesa, e la partita sembrava riaprirsi al 64’: Calvani è stato espulso per fallo da ultimo uomo su Russo, decisione confermata dopo il check Var.

Con l’uomo in più per oltre venti minuti, i biancoverdi hanno provato a riversarsi in avanti. Dentro anche Kumi, D’Andrea e Panico per aumentare il peso offensivo. Ma la superiorità numerica non si è tradotta in occasioni reali: troppo frenetici i tentativi di verticalizzazione, prevedibili e imprecisi i cross dalla trequarti, facile preda della difesa ciociara.

Lezione di B. La serata allo Stirpe ha offerto una doccia gelata non solo sul campo, ma anche fuori, dove i tifosi di casa hanno accolto i duemila irpini con birra e goliardia. Dentro al rettangolo verde, invece, l’Avellino ha sperimentato la crudezza della nuova dimensione: una Serie B dove i ritmi sono più alti, la qualità diffusa e gli errori non vengono perdonati.

Biancolino lo sa: servirà ben altro per tenere viva la fiamma dell’entusiasmo e per costruire una salvezza che oggi appare l’obiettivo più realistico.

Le attenuanti non mancano, a partire dalle tante assenze, ma la sensazione è chiara: l’Avellino dovrà crescere in personalità, intensità e attenzione ai dettagli se vuole evitare di restare invischiato sin da subito in una rincorsa faticosa.  Il debutto amaro non è una condanna, ma un campanello d’allarme. Perché questa Serie B non fa sconti.