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Mercogliano (Av) – All’ingresso, al posto di pentole e forchettoni, ci sono un inginocchiatoio e una maiolica di San Francesco. Vicino alla cripta, invece, è stata allestita una cucina, e dove c’era l’erba alta ora si erge una pedana a dividere i tavoli per consentire il dovuto distanziamento. In cima alla scala in pietra – tra un crocefisso e il menu del giorno – la seicentesca chiesa di San Francesco a dominare il tutto. In tempi di Covid, don Vitaliano Della Sala, un passato da prete no global e oggi parroco a Mercogliano, non ci ha pensato due volte a dire sì alla richiesta pervenutagli dal titolare di quell’osteria che sorge a due passi dalla sua chiesa e che – ironia della sorte – ha già nel nome un richiamo al sacro (“Osteria dei Santi”). La richiesta? Poter accogliere i suoi clienti nel sagrato/giardino della vicina chiesa gestita da Don Vitaliano e da tempo chiusa al culto.

“In verità – spiega Emilio Grieco che con la moglie Teresa gestisce l’osteria nel borgo medievale di Capocastello – me lo aveva proposto lui un po’ di tempo fa di sfruttare quello spazio altrimenti destinato all’incuria. Ma è stato col Covid che mi è tornata in mente quell’offerta. Da oltre un anno andiamo avanti con l’asporto, il nostro è un locale senza sbocchi esterni, dovevamo inventarci qualcosa per ripartire. E quel giardino a pochi passi dalla nostra cucina poteva essere un espediente, l’unico possibile, per poter riaprire all’aperto come vuole la legge. Così ho chiesto a Vitaliano se l’offerta fosse ancora valida. Lui ha dato l’ok e in una settimana – grazie anche a una gara di solidarietà che ha coinvolto tutto il borgo – lo abbiamo ripulito, messo i tavoli, le barriere, le tende mobili per quando piove e organizzato un piccola cucina.

I clienti l’hanno presa benissimo, vogliono vedere la cripta e chiedono notizie sulla chiesa. Ora abbiamo riaperto e staremo qui fino a fine estate”. “In un momento così difficile – spiega all’ANSA don Vitaliano – sento tanto parlare di solidarietà ma pochi la praticano. Ho pensato che i ristoratori sono tra le categorie che hanno pagato di più il prezzo del Covid e che io avevo quello spazio che poteva dare a uno di loro la possibilità di lavorare. Come prete dovevo fare qualcosa”. Un gesto di carità cristiana a titolo gratuito, ma non solo. Don Vitaliano guarda oltre, e quella che oggi è pura solidarietà domani potrebbe diventare un’idea vincente per creare un attrattore turistico basato sul connubio tra turismo religioso e turismo enogastronomico: “La gestione del patrimonio sacro ha dei costi insostenibili – spiega -. Qui a Mercogliano ci sono dei gioielli inestimabili, apprezzati anche da Vittorio Sgarbi che li ha visitati, ma la manutenzione degli edifici, la pulizia dei giardini, il restauro dei quadri, sono tutte cose che costano, cui fanno fronte i parroci con le offerte dei fedeli e non con il sussidio delle istituzioni che latitano. Ecco perché concedere determinati spazi ad attività di ristorazione potrebbe essere un’idea fantasiosa in grado di portare benefici alla manutenzione e alla riqualificazione del patrimonio artistico. L’alternativa – sottolinea – è chiudere le nostre chiese e sarebbe quello il vero danno”.

Il solco è tracciato e don Vitaliano non teme le critiche: “Se qualche benpensante ha da ridire sono pronto al confronto, ma parlare è sempre facile”. Una volta sistemati ‘I Santi’ il parroco irpino ha già in mente la prossima mossa: una porta di vetro per rendere visibile dall’esterno la chiesa ai clienti del suo amico oste: “Perché anche Gesù – ricorda – mangiava in compagnia e se la mia chiesa può dare una mano a far ripartire l’economia, il buon cibo può dare una mano al sostentamento delle nostre chiese. E non vedo nulla di male in questo”.