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Sergio Trezza rompe il silenzio con una lettera aperta ai cittadini di Avellino. Lo fa con il rammarico di chi ha creduto fino in fondo in un progetto politico interrotto bruscamente.
L’ex consigliere comunale affida alle parole il bilancio di un’esperienza intensa, fatta di impegno, ascolto e battaglie spesso silenziose. Una voce critica ma costruttiva, che non intende arretrare di un passo. “Cari cittadini, scrivo queste righe con un sentimento di profondo rammarico e con la consapevolezza di non aver mai smesso, nemmeno per un giorno, di mettere Avellino al centro del mio impegno politico e umano. Il Commissariamento del Comune rappresenta, per tutti noi, un momento amaro. Una sconfitta per tutti che lascia dietro di sé l’amarezza per ciò che non è stato e per ciò che, con un pizzico in più di responsabilità collettiva, avrebbe potuto essere.

Ho deciso di candidarmi di nuovo, dopo tredici anni di assenza dalla scena politica cittadina, spinto da un senso di dovere e da un legame profondo e viscerale con questa città. Un ritorno non dettato da ambizione personale, ma dalla volontà di dare un contributo concreto, di mettere a disposizione la mia esperienza e il mio ascolto per restituire ad Avellino una visione, una direzione.

In questi mesi – intensi, faticosi, a volte frustranti – ho provato a lavorare con serietà e coerenza, senza proclami e senza cercare visibilità, ma con la convinzione che la buona politica si costruisca nel silenzio dei gesti, nella cura delle piccole cose, nella lotta quotidiana per i diritti dei più fragili. Mi addolora profondamente constatare che molti dei progetti che avevo in mente– alcuni dei quali portati avanti con determinazione nonostante mille ostacoli – rischiano ora di essere dimenticati.

Penso ai centri sociali polifunzionali nelle periferie cittadine, strumenti fondamentali per ricostruire quel tessuto comunitario che negli ultimi anni si è lacerato. Luoghi di vita e di incontro, pensati per giovani, famiglie, anziani, disabili. Luoghi dove nessuno doveva sentirsi escluso. A questo si sarebbero aggiunti i “Giardini incantati”,  uno per ogni quartiere, parchi giochi per bambini a tema, rievocando i grandi personaggi di fantasia a loro più cari, per creare veri momenti di svago e socialità che vadano oltre le semplici e a volte malfunzionanti giostrine dei quartieri abbandonati.

Penso alle politiche sociali che devono essere rilanciate: misure concrete per le fasce più deboli, per chi combatte ogni giorno con difficoltà economiche, disagio abitativo, solitudine. Un lavoro difficile, mai abbastanza visibile, ma vitale per ridare dignità a chi si sente ai margini. E penso, non da ultimo, al Centro per l’Autismo. Una battaglia che mi ha toccato nel profondo, non solo come amministratore ma come uomo. Un dovere morale, come ho detto anche nell’ultimo Consiglio comunale, un simbolo del decadimento di azioni amministrative che riescono ad essere realizzate, invece più delle volte ostaggio della burocrazia e dell’inerzia.

Questa esperienza si chiude – almeno temporaneamente – con il gusto amaro di un’occasione perduta. Non lo nascondo: sono deluso, ma non pentito. Ho cercato, con i miei limiti ma soprattutto con l’onestà che è la cifra distintiva del mio essere uomo prima ancora che politico, di far sentire la mia voce e quella di tanti cittadini spesso ignorati.

Ringrazio chi ha creduto in me, chi mi ha sostenuto, chi ha condiviso dubbi, proposte, critiche costruttive. Il Commissariamento è una sconfitta istituzionale, ma non cancella il bisogno di una politica diversa, più umana, più concreta, più vicina alle persone. Non so cosa riserverà il futuro, ma una cosa posso dirla con certezza: non smetterò di lottare per Avellino, per la città che amo, per una comunità che merita più rispetto, più ascolto, più giustizia sociale. Il mio impegno continua, anche fuori dalle aule comunali. E continuerà, finché ci sarà anche solo una persona a credere che questa città può cambiare. Grazie a chi ha creduto in me e a chi continuerà a farlo”.