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In merito all’ordinanza che vieterebbe lo stazionamento nella zona di Piazza Kennedy e in merito all’ipotesi di recinzione dello stesso , non possiamo evitare di condividere una riflessione.
 Negli anni ci siamo soffermati più volte su quale sia il nostro concetto di sicurezza e, soprattutto, su quale sia la nostra visione di città. Crediamo sia necessario ribadire che gli spazi vanno attraversati, vissuti e condivisi”.

Così l’Arci Avellino che prosegue: 

Non si può ignorare come siano proprio gli spazi in stato di abbandono e incuria quelli meno sicuri, meno controllati e più esposti a episodi criminali, sporadici o continui. Riteniamo che misure restrittive di questo tipo non possano risolvere un problema atavico che la nostra città vive da troppo tempo. Da anni, infatti, manca un piano e una visione sistemica per la gestione e la valorizzazione degli spazi pubblici. Questa assenza ha portato a un progressivo abbandono di tali luoghi, sempre meno frequentati e vissuti dalla cittadinanza.

È necessario riaprire una discussione seria sul concetto di spazio pubblico e di cosa pubblica. Gli spazi sono realmente pubblici solo finché vengono vissuti e percepiti come tali dai cittadini; diversamente, rischiano di diventare una mera concessione da parte delle istituzioni.

Riteniamo importante anche soffermarsi sul ruolo che il Terzo Settore e le associazioni del territorio possono avere: attraverso i propri strumenti e competenze, queste realtà potrebbero diventare un collettore decisivo e affiancare le istituzioni nel rendere gli spazi attivi, partecipati e presidiati. Mai come oggi c’è bisogno di immaginare e progettare la città insieme, e gli enti del Terzo Settore rappresentano vere e proprie sentinelle sul territorio, pronte e desiderose di dare un contributo determinante.

Un’ulteriore riflessione riguarda le comunità che, ormai da diversi anni, attraversano e vivono Piazza Kennedy. È evidente che la nostra città stia cambiando: una comunità sempre più numerosa di persone straniere frequenta i nostri spazi e le istituzioni dovrebbero essere in grado di accogliere e comprendere questa evoluzione, senza stigmatizzarla, ma offrendo strumenti di mediazione e professionisti capaci di affrontare al meglio le sfide che tali trasformazioni comportano.

La questione del parco Di Nunno è una questione che va avanti da anni e che noi ci eravamo proposti di affrontare, insieme a Legambiente e Puck Teatrè, attraverso la gestione degli spazi e la manutenzione del parco, proposta mai presa in considerazione dall’ente comunale. Qualora l’ipotesi fosse stata presa in considerazione, il parco poteva diventare un presidio sociale fisso gestito e curato dalle comunità che lo vivono.

Crediamo che, più che forze repressive e di controllo, servano strumenti di mediazione e di comunicazione efficaci, in grado di includere le comunità e le singole persone, piuttosto che escluderle e marginalizzarle, impedendo loro di vivere e attraversare i luoghi della città. L’ambizione dovrebbe essere quella di attivare le comunità e le persone che vivono il parco per prendersi cura dello stesso. Tutto ciò potrà succedere solo grazie ad un livello elevato di dialogo e fiducia reciproca e capendo che non sono le restrizioni e le chiusure degli spazi a renderli sicuri, ma una visione condivisa e partecipata di città che oggi non vediamo.