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Novanta minuti che pesano come un macigno sul futuro della stagione. L’Avellino torna al Partenio-Lombardi per il debutto casalingo in Serie B e lo fa con la vittoria più attesa, contro un avversario di lusso come il Monza. Non era una partita come le altre: da una parte una neopromossa ancora alla ricerca della propria identità, dall’altra una corazzata costruita per risalire subito in Serie A. Il verdetto del campo, però, ribalta i pronostici. Finisce 2-1 per i lupi, che trovano la prima gioia stagionale e regalano una notte indimenticabile ai propri tifosi.

La mossa di Biancolino.

La partita inizia con una scelta coraggiosa. Il tecnico Raffaele Biancolino abbandona la difesa a quattro e ridisegna l’Avellino con un 3-4-1-2 o 3-5-2 compatto e aggressivo. È la chiave tattica della serata. Il Monza, abituato a imporre ritmo e palleggio, si ritrova imbrigliato. Gli spazi centrali sono chiusi, le corsie laterali presidiate con attenzione. I biancoverdi non concedono profondità e lasciano ai brianzoli solo un possesso palla sterile, lontano dall’area di rigore. L’idea del tecnico è chiara: resistere, limitare le individualità avversarie e colpire al momento opportuno.

Il piano viene applicato con disciplina. L’Avellino sa quando alzare il pressing e quando abbassarsi nella propria metà campo. Non è solo difesa: è organizzazione, è compattezza, è capacità di leggere la partita. La squadra lotta su ogni pallone, vince la maggior parte dei duelli e trasmette la sensazione di avere la situazione sotto controllo.

L’episodio che cambia l’inerzia.

Al trentesimo arriva la svolta. Sounas trova lo spazio giusto e mette in mezzo un pallone che diventa oro. In area nasce una mischia, Simic e Azzi si contendono la palla e alla fine è il tocco biancoverde a spingerla dentro (deciderà la Lega se è autogol o meno). È l’1-0 che fa esplodere l’impianto di Contrada Zoccolari e che cambia l’inerzia della sfida. Il Monza prova a reagire, alza i ritmi, ma trova davanti a sé un muro organizzato. Nella ripresa, i brianzoli provano a sfruttare la condizione atletica superiore. Spingono di più, conquistano campo, ma non creano vere occasioni. E proprio quando sembra poter nascere la reazione ospite, arriva la giocata che decide la partita.

Il peso del collettivo

Non è stata la vittoria dei singoli, ma del gruppo. Ogni reparto ha dato il massimo. La difesa ha retto l’urto con concentrazione e aggressività. Il centrocampo ha garantito equilibrio e corsa, con Palmiero capace di gestire i tempi di gioco e Sounas sempre pronto a inserirsi. Sugli esterni Missori ha corso senza sosta, trasformando la fascia destra in una costante fonte di pericolo. In avanti Russo ha lasciato il marchio di una serata da incorniciare, simbolo di un Avellino che sa colpire nei momenti chiave.

La vittoria nasce dallo spirito di sacrificio, dalla disponibilità di ogni giocatore a coprire il compagno, dalla voglia di lottare su ogni pallone. È stata la dimostrazione che, anche con le assenze e con una condizione fisica non ancora ottimale, la squadra può reggere l’urto con avversari di prima fascia.

Il fattore Partenio-Lombardi.

Determinante la spinta dello stadio. Il ritorno in Serie B al Partenio-Lombardi ha regalato un’atmosfera da grandi occasioni. La Curva Sud ha trascinato i giocatori dall’inizio alla fine, trasformando il catino di via Zoccolari in un’arma in più. L’abbraccio finale tra squadra e tifosi è la fotografia più nitida della serata: un legame ritrovato, un entusiasmo che potrà essere determinante lungo tutta la stagione.

La presenza della famiglia D’Agostino in campo al termine del match ha rafforzato il segnale di unità tra società, squadra e ambiente. La proprietà ha voluto condividere il momento con il tecnico e con il direttore sportivo Mario Aiello, segno che il progetto non è solo tecnico, ma anche emotivo e identitario.

Da oggi l’Avellino sa di poter competere. Sa che con questo atteggiamento potrà affrontare ogni avversario, senza timori reverenziali. La Serie B è un campionato che non perdona, ma è anche un torneo in cui il carattere e l’organizzazione possono fare la differenza. E i lupi, finalmente, hanno mandato un segnale chiaro.