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Tremiladuecentottantacinque. E’ il numero delle firme raccolte dai promotori del referendum sulla gestione pubblica dell’acqua a Benevento.

Un risultato importante. Tutt’altro che scontato. Frutto dell’impegno del Comitato Sannita Acqua Bene Comune. Gazebo dopo gazebo, grazie anche alla partecipazione di alcuni consiglieri comunali di minoranza, la conta delle sottoscrizioni è cresciuta fino a raggiungere, nello scorso dicembre, la soglia ritenuta utile a interrogare la cittadinanza del capoluogo.

Volete voi che il gestore del servizio unico integrato per il territorio comunale di Benevento rimanga integralmente in mano pubblica, senza mai concedere la possibilità di partecipazione da parte di soggetti privati?” – il testo del quesito.

Quesito “inammissibile”, ha sentenziato ora, dopo una mobilitazione lunga mesi, al termine di un dibattito che pure ha coinvolte enti e istituzioni, il segretario generale di palazzo Mosti, Maria Carmina Cotugno. Non un fulmine a ciel sereno. Il ‘niet’ era nell’aria (leggi qui). E Nulla quaestio sulla decisione del dirigente comunale. Da tecnico, la dottoressa Cotugno ha fatto il suo mestiere. La politica, però, ora è chiamata a fare il suo, di mestiere.

E’ atteso per lunedì in Consiglio il via libera al Regolamento sui referendum consultivi comunali. Un documento che affida proprio al parlamentino cittadino, all’articolo 9, il compito di esprimersi sulla ammissibilità della proposta, sia sotto il profilo sostanziale che formale. Approvato il Regolamento, l’auspicio è che la politica beneventana voglia riaffermare il proprio primato sulla tecnica, mettendo in campo ogni iniziativa utile a celebrare il referendum promosso dal Comitato Sannita ABC e sottoscritto da oltre tremila beneventani.

D’altronde, ricordiamolo, parliamo di un referendum consultivo. Ciò significa che l’eventuale vittoria del fronte dei sì non creerebbe, nell’immediato, un cortocircuito nel sistema di governo e gestione delle risorse idriche. Piuttosto, fornirebbe alla politica un indirizzo da seguire proprio per modificare il sistema. Questione di volere, insomma, non di potere.