Se ne va un suono, più che un uomo. Quel soffio che sapeva farsi preghiera, protesta, carezza, urlo. James Senese non era solo un sassofonista: era un sentimento che si faceva musica, la voce più sincera e viscerale di Napoli. Figlio di una città contraddittoria e bellissima, Senese ha attraversato decenni di musica italiana con la forza di chi non ha mai avuto paura di essere sé stesso. Afroamericano, napoletano, ribelle: il suo sax era un ponte tra le sue radici e il resto del mondo. 
Con gli Showmen inventò un rhythm and blues mediterraneo, con i Napoli Centrale creò un linguaggio nuovo, dove il dialetto diventava jazz e la protesta diventava melodia. La sua musica parlava di lavoro, di disuguaglianza, di dignità. Parlava di Napoli ma valeva per tutti: era la colonna sonora di un Sud che non smette mai di cercare riscatto.
Anche il Sannio ha conosciuto presto quel sound. Il 7 settembre 1981, allo stadio Meomartini di Benevento, Senese salì sul palco accanto a Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Tony Esposito ed Enzo Avitabile, tra gli altri, tappa del tour ‘Vai Mo’’, a un anno dall’uscita dell’album ‘Nero a metà’. Fu un concerto memorabile, affollatissimo, in cui una generazione intera si riconobbe in quella musica nuova, libera, che mescolava blues, radici partenopee e sogno collettivo.
Negli ultimi anni l’artista partenopeo è tornato più volte all’ombra della Dormiente per il Riverberi Jazz Festival, nota rassegna diretta da Luca Aquino. Nel 2020, al Castello dell’Ettore di Apice, uno dei primi live post pandemia, si esibì con i suoi Napoli Centrale in occasione del decennale del Festival, e poi ancora a giugno 2024 a San Leucio del Sannio – dove era già stato nel 2016 in occasione di ‘O Sang’ – con ‘Stiamo cercando il mondo’, tour che prende il nome dal suo ventunesimo disco, per celebrare i quarant’anni dal suo primo album. Un jazz poetico che si intrecciava al funky, al pop latino e alla melodia partenopea. “Lo abbiamo avuto ospite per ben due volte. Occasioni in cui abbiamo potuto apprezzare la sua grandezza musicale, artistica, e la persona eccezionale che era – ricorda il sindaco di San Leucio del Sannio, Nascenzio Iannace -. Maestro… che la terra ti sia lieve”.
James Senese era un uomo schivo, diretto, probabilmente anche un po’ antipatico, come quando interpreta sé stesso in ‘No grazie, il caffè mi rende nervoso’, film del 1982 diretto da Lodovico Gasparini con altri due figli di Napoli, Massimo Troisi e Lello Arena.
Chi lo ha conosciuto bene lo descrive come uno che parlava poco, ma quando soffiava nel sax raccontava tutto: l’amore, la rabbia, la fede, la paura.
Nel suo suono c’erano Napoli e il mondo, c’era il sangue di due continenti e la poesia delle strade.
Ora resta nei vinili, nelle sue esibizioni ai festival, nei racconti del suo pubblico, nelle notti in cui il vento porta ancora una nota di ‘Campagna’ o di ‘Ngazzate nire’.
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