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Benevento – Partiamo dalla fine, dai caroselli tutti giallorossi ascoltati al casello autostradale di Castel del Lago, un luogo simbolo, di confine con l’Irpinia biancoverde che anche quest’anno è costretta a guardare Benevento e Salernitana da un gradino più basso. Il derby di Salerno è ancora sannita; l’Arechi dopo la vittoria dello scorso anno viene nuovamente espugnato, non è più un tabù. I tifosi granata dovranno abituarsi a ciò che ormai appare chiarissimo a tutti: dopo il Napoli è il Benevento la squadra più forte della Campania.

I 1500 tifosi della Strega che ieri hanno seguito i loro beniamini sventolando bandiere, vessilli, stendardi, cantando e sostenendo a squarciagola i colori giallorossi, non dimenticheranno questo derby per molto tempo, perché stradominato e mai in discussione.

Una trasferta cominciata non con i migliori auspici; tanto, troppo traffico e la paura di giungere in ritardo sui gradoni. In effetti la maggior parte dei tifosi beneventani ha fatto il suo ingresso all’Arechi a partita iniziata da quasi 20 minuti. Da quel momento però, grazie anche alla prestazione della squadra, la rabbia del ritardo si è trasformata in gioia per quei 2 gol che hanno permesso di scavalcare in classifica i rivali granata. E allora conta zero il fatto che la visuale del campo da gioco lasci a desiderare soprattutto se la rete che si gonfia e fa esplodere tifosi e ultras è proprio a due passi da loro.

Il colpo d’occhio dell’Arechi era quello da far rabbrividire, curva siberiano da sold out come non accadeva da più di un anno, salernitani sulle ali di un entusiasmo tarpato definitivamente dopo il gran gol di Viola che ha scatenato il settore ospite e annichilito i cugini che a un quarto d’ora dalla fine del match abbandonavano in gran parte le gradinate a testa bassa. Al triplice fischio l’abbraccio finale tra i tifosi della Strega e i calciatori viene coronato da uno dei cori più belli e significativi cantato dai supporters sanniti, in cui viene ricordato che è il sudore della maglia ciò che conta, che si vinca o che si perda, solo così “onori la città”.

E poi l’ultima delle tante e lunghe attese della serata, la più bella. Quella sosta nel piazzale del settore per aspettare l’apertura delle porte e tornare in terra sannita, in cui si incontrano gli sguardi e i sorrisi dei compagni di viaggio, di chi per anni a Salerno ha sempre sofferto. Ma questo è il passato, il presente è giallorosso. Salerno è di nuovo espugnata, senza appelli e senza repliche.