Doveva essere un Benevento che profumava di Sannio, alla ricerca della ‘beneventanità’ perduta per legare la squadra ancora di più al territorio. Un discorso che era stato accolto bene perchè era un segnale di valorizzazione di giovani tecnici che hanno finito il percorso di studi e cercano di far fruttare anni di sacrifici con l’esplosione giusta.
Insomma era l’anno buono, poi tra il dire e il fare ci si è messo, come sempre, di mezzo il mare. E allora della beneventanità paventata ecco che emerge la beneventanità cancellata.
Salutato Chiavelli, questo scorcio di estate ha portato alla ribalta nomi che rappresentano un legame forte col territorio. Da Iannuzzi a Galasso, passando per D’Onofrio, tutti grandi nomi del calcio dilettantistico sannita e soprattutto giovani che amano così tanto questo sport da aver intrapreso la strada per continuare. Allenatori, match analyst, collaboratori tecnici, insomma figure che si potevano incastrare bene col Benevento.
E in effetti si erano incastrate, soprattutto per Iannuzzi col quale pareva tutto fatto. Mancava solo l’annuncio e questo è arrivato ieri in tardissima serata, ma della figura del collaboratore tecnico nessuna menzione e quindi neanche dell’allenatore beneventano.
Lascia interdetti, sinceramente: si cerca una figura tecnica specifica, si trova, ci si incontra e si parla e poi si cancella. Non serve più.
E non ce ne vogliano i vari Padella, De Falco e Melara, figure che hanno una grande importanza perchè possono spiegare il valore della maglia giallorossa ai calciatori, vecchi e nuovi che siano. Lo scorso anno avrebbero fatto comodo. Meglio tardi che mai.
La beneventanità, invece, è la rappresentazione dei valori di un territorio, da parte di chi li respira dalla nascita, di chi sa bene che significa sentire sulla pelle i colori giallorossi anche nei giorni in cui partite non ce ne sono. Persone che potrebbero mettere in questo lavoro una passione mai vista solo per quel logo impresso sul cuore che li spinge a fare bene per la propria gente.
Persone che devono far emergere le proprie competenze in campi polverosi di provincia o addirittura lontano da casa. E allora non c’è da meravigliarsi se l’Inter si accorge di Michele Galasso, la Juventus di Vincenzo De Caro, se Chiavelli saluta e per Cagnale non c’è posto come per Alessandro Bruno o per Galliano, solo per citarne alcuni.
Essere beneventani per il Benevento è questione complicata, d’altronde ‘nessuno è profeta in patria’ ma francamente, applicata al calcio, questa massima fa un po’ ridere.