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Benevento – Quelle immagini fecero il giro del mondo, causandogli non poco imbarazzo. Silvio Berlusconi lo affiancò negli spogliatoi di Milanello, gli diede un consiglio e gli ordinò di urlarlo alla squadra. “Attaccare!”. Chi lo ha visto in video non lo ha più dimenticato, figuriamoci come potrebbe chi di quel siparietto fu protagonista. Pippo Inzaghi fu esonerato al termine della stagione (2014/2015) dopo aver fatto registrare un ruolino poco invidiabile per un club blasonato come il Milan: 13 vittorie, 13 pareggi, 12 sconfitte con un ottimo girone di andata seguito da crollo dopo il giro di boa. Numeri che vanno comunque contestualizzati in un momento storico poco favorevole alle vicissitudini della società rossonera, frastornata dal ping pong societario e addirittura buggerata dai discorsi riguardanti il Fair Play Finanziario e l’esclusione dalle competizioni europee.

Quattro anni dopo per Pippo Inzaghi cambia il colore delle strisce. Dal rossonero al giallorosso, dopo essere passato per città meravigliose come Venezia e Bologna. Benevento, nonostante un bacino d’utenza ridotto, saprà rapirlo con un fascino tutto suo dettato dal calore della gente, dalla storia dei suoi vicoli e dall’esperienza di un Sud che “Superpippo” non ha mai assaporato così a fondo. Sono cambiati, chiaramente, anche i presidenti. Da Berlusconi era passato alla miscela nord-americana di Tacopina e successivamente a Saputo, un tempo alleati proprio nell’acquisto del Bologna, prima di scindersi e prendere strade diverse. Ora c’è Vigorito, che non ha mai nascosto apprezzamenti per squadre votate all’attacco pur rispettando l’ormai consolidata tendenza di restare al suo posto, tanto che le porte dello spogliatoio sono state sempre ‘off limits’ per occhi indiscreti. “Ognuno è fatto a modo suo, io preferisco i presidenti che non intralciano il lavoro degli allenatori”, disse Inzaghi a suo tempo, dopo l’esonero rossonero. Il feeling col ‘re del vento’ probabilmente è scattato anche per questo.