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Benevento – Ci risiamo. Tornano a galla vecchi problemi e quella panchina che sembrava essere stata rinsaldata dopo la vittoria col Perugia, il pari di Palermo e la qualificazione agli ottavi di Coppa Italia torna a farsi traballante. Scene già viste al “Ciro Vigorito“, dove il Benevento ieri sera ha incassato la quinta sconfitta del suo campionato, alzando bandiera bianca nel big match con il Verona. Sarebbe dovuta essere la prova d’appello per la Strega, la gara che avrebbe dovuto certificare l’uscita dalla crisi dei giallorossi. In crisi, invece, la formazione di Cristian Bucchi ci è improvvisamente (ri)piombata e adesso Cosenza per il tecnico diventa l’ennesimo crocevia del suo futuro. Una gara da affrontare facendo i conti con l’emergenza difensiva, dato che in Calabria mancheranno sia Costa che Volta (diffidato e ammonito contro gli scaligeri) e andranno valutate le condizioni di Maggio e Di Chiara. Situazioni che si sarebbero potute affrontare in sala stampa se Bucchi si fosse presentato nel post partita, invece la società ha deciso di “risparmiargli” l’incontro con i giornalisti ma non la passerella davanti alle telecamere di famiglia. 

Sarebbe stato interessante sapere, ad esempio, cosa ne pensava l’allenatore romano del rigore calciato da Coda, uno al quale lo stesso Bucchi non le ha mai mandate a dire durante le conferenze. Avrebbe potuto sbagliare in mille altri modi l’attaccante di Cava de’Tirreni, non con quel “cucchiaino“. E’ stato come ricevere uno schiaffo in pieno volto, alla faccia delle dichiarazioni nelle quali si raccontava di un “Benevento finalmente calatosi nella categoria“. Pochi minuti dopo il rosso a Costa e il gol di Matos, Coda si sarebbe dovuto presentare sul dischetto col sangue agli occhi, con la voglia di rimettere subito le cose a posto. La scelta presa, invece, racconta indirettamente di una squadra che non si è ancora tolta da dosso la spocchia della “neo retrocessa“, non avendo ancora compreso quanto pesino i punti lasciati per strada.

Chi dice che la serie A non sia un’ossessione mente, altrimenti non si spiegherebbero certe dichiarazioni e le riunioni imbastite in fretta e furia al termine di ogni deludente prestazione. La società vuole vincere e difficilmente ammetterà altri passi falsi, ma le colpe andrebbero equamente divise. Bucchi ha il torto di non aver ancora trovato la giusta quadratura, quando le cose sembrano andare per il verso giusto, la squadra diventa di colpo prevedibile, povera di idee e ostaggio delle proprie paure. Non sta pagando nemmeno il mercato, soprattutto adesso che è stato mandato in soffitta il 4-3-3. Poche scelte in difesa, due soli attaccanti di ruolo e una batteria di esterni che risulta meno efficace col 3-5-2 attuale, tanto da dover costringere Buonaiuto a reinventarsi mezzala e Improta a dover battere l’intera corsia di competenza. Al netto dei problemi accusati (tanti, troppi infortuni), ancora non vi è un segno tangibile di quei senatori scelti per guidare il gruppo dopo l’amarezza della retrocessione. Maggio sarà anche un “leader silenzioso” ma gioca col contagocce e non sempre a un livello accettabile, Nocerino fatica a reinserirsi nel calcio italiano e di Insigne si ricordano pochi e rari guizzi. Situazioni alle quali si aggiungono gli affanni di Antei, le difficoltà fisiche di Di Chiara e le perenni assenze di Tuia e Bukata. Qualcosa, insomma, è stato sbagliato anche in sede di mercato e proprio a gennaio bisogna tendere lo sguardo per provare a porre rimedio a una rosa che sul campo avrebbe dovuto guadagnarsi i galloni di favorita e invece ha fino ad ora fallito.

Nulla appare compromesso, ma nelle prossime quattro gare, quelle che porteranno alla fine del girone di andata, sarà vietato sbagliare. A partire dalla trasferta di Cosenza, in vista della quale Bucchi dovrà riaccendere la fiammella dell’orgoglio nei suoi ragazzi. Serviranno cuore, grinta e coraggio, qualità intraviste a Palermo e troppo in fretta smarrite, cancellando di colpo quanto di buono era stato fatto nelle ultime settimane. Al Benevento si chiede insomma di restare in corsa per poi provare a cambiare passo dopo la sosta, evitando adesso di… cambiare.