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Benevento – Ventidue più diciotto. Il Benevento l’ha posta così, sulla base di un semplice calcolo aritmetico. Perché di quaranta non se ne parla, per Ghigo Gori, l’eroe dei due mondi del calcio sannita. O delle due epoche, se preferite. C’era nel giorno più duro, quel 21 giugno 2009, quando Calil si fece beffe dei sogni giallorossi. C’era il 30 aprile 2016, giorno della liberazione dall’incubo. C’era, eccome se c’era, la notte dell’8 giugno 2017, poco più di un anno dopo. Non in campo ma in panchina, a godersi emozionato gli ultimi attimi di un’impresa epica. Il Benevento in serie A, anche per merito suo. Nove presenze e prestazioni memorabili alle spalle di Cragno, cresciuto grazie ai suoi consigli. 

Nessuno, più di Gori, sa cosa vuol dire giocare nel Benevento. Duecentosette presenze in regular season dal 2006 ai giorni nostri, salgono a 224 contando play off e coppe nazionali. E’ il terzo giallorosso nella classifica ‘all time’ dietro ai soli Graziano Iscaro e Stefano Mastroianni. Difficile sottrarre un flash specifico dall’album dei ricordi. Nel 2009, grazie alle sue parate, portò il Benevento alle soglie del sogno della B. Poi se lo prese con gli interessi sette anni dopo, neutralizzando rigori importanti (e non solo) nell’indimenticabile annata 2015/2016. La stagione successiva, nel match interno con il Cittadella, si rivelò insuperabile negli ultimi minuti. Cragno era assente, impegnato con l’Under 21, lui volò da un palo all’altro  blindando tre punti di platino per gli uomini di Baroni. Uscì dal campo commosso, tra cori di giubilo che si alzavano dai gradoni verso il cielo.

Parliamoci chiaro, avrebbe meritato la riconferma in serie A, quando la dirigenza decise di puntare sul dualismo Belec-Brignoli affidando inizialmente il ruolo di ‘terzo’ a Piscitelli. Eppure Ghigo non è uomo dedito alle polemiche, è un leader silenzioso che sa quando intervenire, non solo in campo. E così, dopo un anno a Venezia è tornato nella sua città adottiva per tentare nuovamente la scalata. Con grande umiltà. E a proposito di questo c’è un’immagine destinata a diventare simbolo. Lo scorso anno, dopo l’eliminazione ai play off con il Cittadella, quando il clima all’esterno del Vigorito era teso, furono lui e Maggio – non a caso – a intrattenersi a lungo con un gruppo di tifosi nel tentativo di sbollire insieme la rabbia. Uno di questi gli imputò di non aver preteso di giocare al posto di Montipò, reduce da una prestazione opaca. Con pacatezza, nonostante il momento, rispose sicuro: “Lorenzo è il futuro, è un grandissimo portiere e lo dimostrerà il prossimo anno. Capita a tutti di sbagliare, anche ai più grandi”. Aveva ragione lui, come sempre. Buon compleanno Ghigo, 22+18, ma c’è ancora un sogno da realizzare.