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Benevento – Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa del professor Vincenzo Baldini, docente ordinario di diritto costituzionale all‘Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale in merito alla chiusura della cappellina di Sant’Andrea nella struttura dell’ex Seminario arcivescovile.

Ho letto l’appassionata nota dell’assidua frequentatrice della cappellina di Sant’Andrea ubicata nella struttura dell’ex Seminario arcivescovile, con cui si esprimeva tutto il rammarico per la decisione della Curia di chiudere definitivamente tale cappellina, oltre che per il modo in cui tale decisione è stata assunta e fatta conoscere ai fedeli interessati.

Posso (e amo) definirmi una memoria storica di questa cappellina, frequentata dal giorno  (era il lontano 2 luglio 1990) in cui essa fu inaugurata, insieme con tutta la struttura seminariale, dal papa Giovanni Paolo II, da poco assurto alla gloria dei Santi del Paradiso, con una solenne e molto sentita cerimonia. Per tutto questo tempo e nell’avvicendarsi al Magistero Rettorale del Seminario di varie figure di sacerdoti, autorevoli per sapienza e molto amati per senso di umanità, la cappellina ha rappresentato il punto costante di riferimento e di ulteriore coagulo della comunità di preghiera che vi si riuniva per la Santa Messa domenicale. Senza esagerazioni, può dirsi che la cappellina ha concorso nel tempo a forgiare la solida unità di questa comunità che ora assiste, senz’altro triste ma non smarrita, alla sua definitiva e inappellabile chiusura.

Ad un fedele non spetta, in principio, conoscere gli arcani sottostanti a tale decisione ma solo accettarla per quella che è, vale a dire la volontà di chi “sta in alto”. Tuttavia, chi, come me, è avvezzo “per deformazione professionale” allo studio e, così, ad un’analisi ragionata di vicende e fatti che hanno comunque un sensibile impatto sociale, fa fatica a sottomettersi alla condizione di accettazione pedissequa e fatale come forse imporrebbe il canone curiale.  In verità, faccio vanto di tanta inquietudine e frenesia, conseguenza della passione di ricercare sempre in una decisione i tratti di razionalità che la determinano, sulla premessa che l’assenza di tali tratti riveli il semplice arbitrio.  Non ritengo di essere, in questa attività, incongruente o comunque poco rispettoso delle istituzioni ecclesiastiche, né sono un religioso su cui incombe l’imperativo di pastorale obbedienza.

In questa vicenda mi viene istintiva la comparazione tra ordinamenti, quello statale e quello canonico, a cui attengono logiche e principi molto differenti. L’approccio metodico di chi, come me, appartiene di diritto al mondo secolare e, per mestiere (ma soprattutto per estrema passione) coltiva lo studio del diritto, in particolare dell’ordinamento giuridico-democratico dello Stato, è quello di porre sempre in una necessaria connessione funzionale l’intestazione del potere ed il suo esercizio con l’attività di controllo svolto su tale esercizio e con l’imputazione corrispettiva di responsabilità in capo al titolare stesso del potere. La forma di governo democratica italiana, definita dalla Costituzione repubblicana del ‘48, realizza e rende evidente, pure con i suoi riconosciuti difetti, questo circuito virtuoso. L’azione di governo è costantemente sottoposta al controllo del popolo sovrano, direttamente o attraverso i propri rappresentanti parlamentari. La legge del parlamento guida l’esercizio del potere amministrativo e ne definisce la misura. I meccanismi di contenimento del potere, alla luce delle norme giuridiche che ne regolano e determinano l’esercizio; insieme ai meccanismi di trasparenza, visibilità e comprensione dell’adozione della decisione costituiscono, così, i principali presidi di un modello organizzativo connotato da razionalità sostanziale.  

Da quando è stata resa nota la decisione di chiudere definitivamente la cappellina di Sant’Andrea ho provato a ricercare, del tutto inutilmente, i fondamenti razionali di tale determinazione che, sono giunto a questa conclusione, sembrano risiedere unicamente nella superiore Autorità di chi l’ha assunta. Questa Autorità diventa, dunque, ragione assoluta delle sue stesse decisioni. La cappellina si apriva soltanto un paio di ore la domenica mattina per consentire la celebrazione della Santa Messa, motivi di economie di spese, dunque, non parevano esserci. C’era un sacerdote che aveva il piacere di condurre la “nostra” comunità rafforzandola ed istruendola con la celebrazione e l’omelia domenicale. Dunque, perché chiuderla? Come è stato detto molto bene nella nota della signora che ha scritto prima di me, il silenzio ha dominato e domina questa decisione. Il mancato confronto delle istituzioni ecclesiastiche curiali con la nostra comunità “interessata” è parso piuttosto l’esito di una precisa scelta di volontà, che non la risultante di pura causalità. Ma sovente, è proprio dietro il silenzio che finisce per celarsi l’arbitrio”.