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Benevento – Riceviamo e pubblichiamo il messaggio di auguri per le festività natalizie del direttore della Caritas di Benevento, Don Nicola De Blasio. 

“Buon Natale. Il Natale è una dolce solennità. Sa di famiglia, di bambini, di cose buone. È un giorno dì tenerezza, di commozione, di intimità. È il giorno in cui si sente l’incanto della bontà, il fascino dell’essere buoni e, può darsi, il rimpianto di non esserlo. D’accordo. Tutto bello, meraviglioso.

Tutto bene. Però è giusto che riflettiamo che il Natale vero, il Mistero cristiano, Dio che si fa uomo, è tutt’altra cosa. È strano che ci fermiamo molto e diamo molta importanza ai contorni quasi di nessun valore e lasciamo da parte ciò che è l’essenziale, i motivi determinanti, quelli di fondo, cioè la Verità.

È certo che la solennità del Natale, ha un particolare significato, una finalità ben precisa. Quella di provocare in noi e di ottenere sentimenti e commozioni dolcissime per un fiorire di
sensibilità umana dentro il nostro intimo, nella famiglia, fra gli amici ecc., è sicuramente valore secondario e, se fossimo sinceri, dovrebbe essere una semplice e serena espansione della luce vera che si è fatta in noi, un ridondare all’intorno di quel traboccar d’Amore di cui il Mistero di Dio ci ha sopraffatto.

Non crediamo nemmeno che la celebrazione annuale del Natale abbia lo scopo di onorare,
rendere omaggio, ricordare quell’avvenimento, d’importanza così infinita, successo duemila anni fa. Anche se fosse per ringraziare chi questo avvenimento ha compiuto, manifestargli in qualche modo gratitudine, non sarebbe motivo sufficiente. Il Cristianesimo è attualità di tutto un Mistero di rapporti fra Dio e l’umanità. È un’incessante presenza come se tutto si compisse in questo momento.

Dal punto di vista storico la straordinarietà della vita di Gesù e tutti gli avvenimenti che la
compongono, hanno il valore d’inizio, tutta l’importanza di un inizio di «qualcosa» che non finirà più, che esisterà sempre, che sarà ormai «presente» per sempre. E non si tratta di una presenza entrata, nella storia del mondo e dell’umanità, in maniera statica o produttiva in proporzione al valore «storico» del fatto o dell’avvenimento, come del resto succede di ogni fatto o avvenimento, fino al punto che, anche il muovere un dito, segna e comporta una realtà nuova nell’esistenza. La vita di Gesù, il Mistero di Gesù, è inizio non soltanto di realtà storiche nuove, ma di una autentica realtà nuova: l’esistenza cristiana.

Esistenza cristiana che è tutta l’esistenza umana tutta, fino a «un capello del vostro capo»
e, nello stesso tempo, esistenza divina, secondo la realtà stessa di Dio. Esistenza cristiana,
continuazione cioè sulla terra, nella realtà dell’umanità, della esistenza iniziatasi con Lui, con l’esistenza di Gesù, nella sua realtà e verità di vero Dio e di vero Uomo. Sono «i nuovi cieli e la nuova terra» della Scrittura. Sono le visioni di Isaia. È il nascere di nuovo di cui parla Gesù a Nicodemo. È l’uomo nuovo di S. Paolo. È il cristiano, vero, sincero, di tutti i tempi. Sono i santi. È la Chiesa nella sua purezza di popolo di Dio. Il Natale, questo inizio misterioso di esistenza e, siccome questo inizio è Mistero di Gesù, porta in sé una carica infinita di Grazia, di forza di Dio. Non rimane inerte, statica, inutile, come storia chiusa nel breve giro del suo tempo, come un quadro nella cornice o una statua nella nicchia. È veramente «il piccolo seme di senapa» nascosto dentro la terra e che cresce continuamente in albero. È un pugno di lievito che forza incessantemente la massa di farina a lievitare. È il sale che diffonde, senza esaurirsi, il suo saporire tutte le cose. È la luce accesa che illumina a pieno sole, sempre più, tutti quelli di casa. È la Verità che sempre più libera gli uomini. È la dolce e terribile violenza di Amore che sta costruendo ogni giorno il Regno di Dio nel mondo. 

Il Natale che celebriamo ogni anno non è il Natale di Lui, se non è adorazione appassionata
di questo inizio di esistenza nuova. Se non è consenso totale alla realtà di questa novità
d’esistenza. Se non è constatazione attenta dello sviluppo di questa necessità assoluta di crescita. Se non è come un gettarci nel fiume perché cresca la sua piena, come un gettarci nel fuoco perché allarghi il suo incendio su tutta la terra. Il Natale di quest’anno ha in sé la realtà della nascita di Gesù Cristo, con tutto il suo valore d’inizio di un’esistenza nuova e tutta la sua forza entrata nella vita umana e cresciuta incessantemente nel tempo, fino al Natale che stiamo per celebrare. 

Ogni Natale vuol dire entrare sempre più nel Mistero di Cristo, un essere sempre più
esistenza nuova, la Sua esistenza, un far crescere, un allargare, un rendere ancora più cristiana l’esistenza del mondo. È veramente grande solennità il Natale perché Chi è nato è sempre di più fra gli uomini. È gioia profonda perché quell’inizio di nuova esistenza ha avuto una continuità fino a noi e il Natale che celebriamo vuol dire l’entrare in noi e il nascere di questa nuova esistenza, quella di Dio fatto Uomo, fino al punto che anche noi «non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio siamo nati». (Giovanni 1, 13). E siamo nati insieme a Lui, siamo nati con Lui. Il Suo Natale è veramente il nostro giorno natalizio.

Il Suo nascere fra gli uomini è realmente incessante per il nascere continuo d’esistenza nuova, la Sua esistenza, quella di vero Dio e di vero Uomo. È di qui che proviene la terribilità del nostro dovere di fedeltà a Lui. Bisogna assolutamente che il Natale di ora, il nostro dare continuità al Natale di Gesù, all’inizio dell’esistenza nuova nel mondo, abbia tutta la Verità del Mistero di Gesù. Vi è un problema di fedeltà assoluta al «mondo» interiore di Gesù, alle Sue realtà soprannaturali, ai valori infiniti del Suo essere Dio, alle misure meravigliose del Suo Amore per l’umanità, alla Sua Verità di Figlio di Dio e di Figlio dell’Uomo… e ugualmente vi è un dovere o almeno un problema di consenso e di fedeltà alla storia iniziatasi con la nascita di Gesù: è un nuovo modo d’esistenza, di valori scelti, di attuazioni pratiche, di svolgimento di vita iniziatosi con Lui e caratteristico, in modo 
unico, a Lui, fino al punto che «mangiatoia, falegname di Nazareth, non ha una pietra dove posare il capo, croce» ecc. vogliono dire Gesù.

Povertà, nascondimento, silenzio, amicizia, cuore aperto, verità assoluta, Dio soltanto,
bontà sempre, Amore senza stanchezze, dolore infinito, offerta totale, sangue sparso fino
all’ultima goccia, fiducia assoluta, morte di croce ecc. vogliono dire Gesù Cristo. Significano
Cristianesimo. Il Natale è inizio di questa storia non per Gesù ma per il mondo intero. Il Natale che celebriamo ogni anno è (o dovrebbe essere) testimonianza che questa storia è in pieno svolgimento. Se non altro, è (o dovrebbe essere) verifica di una fedeltà, di una continuità.

Se il Natale tutto questo Mistero di presenza di Gesù in ogni tempo non è, allora può essere
benissimo un’occasione come un’altra per mangiare, nel calduccio della casa con la famiglia
riunita, l’arrosto e il panettone. Oppure l’occasione buona per fare un’offerta ai poveri vecchio all’istituto dei bambini abbandonati. O per cantare «le pastorelle» al Gesù Bambino di gesso messo fra le luci elettriche e le candele in un tripudio baracconesco di luci. O anche per ascoltare a mezzanotte fra il pigia pigia della folla, una delle poche Messe all’anno. O per fare, così alla buona, Confessione e Comunione, date le insistenza della mamma o della moglie e le tenerezze del presepio col l’albero di Natale costruito dalla bambina. Eccetera. È difficile pensare che il Figlio di Dio sia nato da Maria Vergine, nella grotta di Betlemme per dare inizio a queste buone, lodevoli e tanto commoventi usanze. E che queste usanze continuino con crescente fedeltà a segnare il 25 dicembre come il giorno in cui il Figlio di Dio ha cominciato ad essere Figlio dell’Uomo.

E allora Buon Natale se tu, come Gesù, scegli di assumere la «povertà» come stile di vita personale per liberarti dalla schiavitù della «ricchezza» che, purtroppo, è diventato lo stile di vita del natale consumistico della nostra società”.