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Benevento – Piedi ben saldi per terra e sguardo a un passato che non ha vissuto in prima persona. Filippo Inzaghi sembra impermeabile alle lusinghe (“Quelle saremmo ben lieti di riceverle a maggio”) e tiene tutti sulla corda. A Livorno, dice, non sarà affatto semplice avere la meglio di un avversario dalle grandi motivazioni. “Lo scorso anno il Benevento al Picchi è andato incontro a una brutta sconfitta – ricorda rispolverando spiacevoli immagini – se non scenderemo in campo con il giusto atteggiamento perderemo di sicuro”.

Se non altro l’allenatore giallorosso ha fornito un piccolo indizio su quello che sarà l’assetto da utilizzare contro i labronici. Le sue parole suonano come una conferma sul modulo utilizzato nelle ultime settimane, quando ha deciso di passare dal 4-4-2 al 4-3-2-1. Stavolta mancherà Hetemaj, elemento finora imprescindibile, ma l’alternativa è pronta: “Se al suo posto giocherà Tello, non cambieremo assetto. L’unico che in questo momento può farci variare è Improta. Con lui si tornerebbe al 4-4-2, visto che giocherebbe da attaccante esterno”. 

La conferenza stampa di questo pomeriggio in fondo è servita anche a capire qualcosa in più di quella che è la filosofia dell’Inzaghi allenatore, che tende più verso il concetto di praticità rispetto ad apparenze di sorta. Ha rimarcato che il modulo non è una priorità, lasciando intendere che i giocatori in forma, se funzionali a un equilibrio di squadra, prova sempre a farli giocare tutti indipendentemente dal ruolo.

Poi, elogiando una recente intervista di Fabio Capello, ha allontanato le correnti ‘guardioliste’ collocandosi nel mezzo tra il bello e l’essenziale: “Non mi interessa ciò che pensa la gente di me, non voglio essere elogiato ma che i miei giocatori migliorino di gara in gara e che abbiano una mentalità sempre più solida”. E quando parla di mentalità, cita chi non è sceso in campo quasi mai. “Gori, Manfredini e Del Pinto sono giocatori che meriterebbero di giocare per quello che mi danno nello spogliatoio, per le doti umane e per lo spirito meriterebbero di essere sempre in campo”. Un modo come un altro – divenuto a dir la verità consuetudine – per sottolineare che oltre la partita che si gioca in campo, ce n’è un’altra non meno importante al di fuori, nello spogliatoio. Anche lì l’unione fa la forza. E il Benevento è primo, fortemente primo, proprio per questo.